
E' come se gli spazi americani non si addicessero allo stile del regista orientale, il quale è avvezzo a rappresentazioni più intime e raccolte, come quella iniziale nel locale in cui i due protagonisti s'incontrano e si confidano e poi si innamorano come due personaggi di Truffaut.
Tant'é che forse in un'ambientazione orientale avrebbero sortito un effetto più gradevole e forse magico, ma con il sospetto che il nostro sguardo possa essere influenzato dalla fascinazione illusoria dell'oriente, cosicché il contatto con la nostra realtà ci rende tutto più chiaro e limpido, tanto da farci pensare di aver assistito ad una storia banale, per quanto visivamente gradevole grazie ad una fotografia che risalta le luci al neon della città e dei luoghi attraversati dalla protagonista, ma che non riesce fare altrettanto con le altre storie di vita, d'amore e morte con cui entra in contatto, colpa anche di un doppiaggio che non aiuta la visione, lasciando una sensazione di vuoto e insipienza, nonostante la bellezza dei suoi protagonisti.
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