11/08/08

Another Day In Paradise

Opera seconda del regista Larry Clark, artista e fotografo incuriosito dagli adolescenti americani sballati e fuori di testa, che tende a raccontare nei suoi film una realtà limite in cui tutto è sporcato dalla violenza, dal sesso, dalla droga e dal vuoto più agghiacciante delle esistenze filmate dalla sua m.d.p.
Clark si compiace e si diverte a colpire duro, seppur il suo sguardo appaia fin troppo partecipe e voyeuristico o più semplicemente esplicito nella sua pornografia, in cui il sesso viene rappresentato senza mezzi termini, seppur inteso quale unico momento di aggregazione dei suoi protagonisti, visto in chiave a volte funerea e disturbante come c'insegna il primo film Kids, film epigono del suo sguardo indagatore sui giovani americani.
Il suo secondo lungometraggio appare invece più convenzionale e meno esplicito nell'impiego del sesso e della violenza, ma senza rinunciare ad uno sguardo critico alla famiglia americana che non c'è più o che forse non c'è mai stata se non nell'ideale nazionalpopolare.
Titolo che suona volutamente beffardo nei confronti delle esistenze allo sbando dei suoi protagonisti adolescenti, risucchiati consapevolmente in un mondo di furti e droga, per poi cercare di rifuggirlo con tutte le conseguenze del caso che si possono immaginare per i nostri antieroi.
Clark in ogni caso evita la tragedia finale alla Bonnie & Clyde restituendoci un finale in fondo agrodolce dove la voce di Dylan ci accompagna verso l'America rurale e sconfinata che ha costituito un intero immaginario cinematografico, e sicuramente gli è d'aiuto la presenza di un attore professionista come James Woods, che tiene desta l'attenzione in un racconto che non aggiunge nulla di nuovo alle storie di quotidiana violenza americana e che il regista saprà rappresentare con maggiore incisività nei suoi film successivi, per quanto possa piacere o meno il suo stile volutamente esplicito.

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