30/09/10

Il servo

Forse il capolavoro di Losey, sicuramente uno dei suoi migliori film, frutto della collaborazione con Harold Pinter, Il servo rappresenta una delle più esplicative raffigurazioni cinematografiche del classico jeu au massacre, in cui i ruoli sociali vengono progressivamente ribaltati sino ad un annullamento totale degli stessi.
Joseph Losey, regista americano transfuga in Inghilterra a causa del maccartismo, è meno noto ai più, ma sicuramente uno degli autori più interessanti della storia del cinema, che sarebbe opportuno recuperare, partendo da questo suo film che, attraverso un simbolismo in equilibrio costante, esprime perfettamente la decadenza fisica e morale di una classe sociale a discapito, apparentemente, di un'altra.
Barrett (Dirk Bogarde) è il servo, colui che viene chiamato a svolgere la funzione di factotum per un giovane rampollo di famiglia nobile, Tony (James Fox), che evidenzierà, sin dal primo incontro con la sua nemesi, tutta la sua inettitudine al vivere sociale, nonostante i tentativi della fidanzata Susan (Wendy Craig) di avvertirlo del pericolo insinuantesi minacciosamente nella sua esistenza.
Losey riesce a concentrare e contenere il dramma sociale mediante una rappresentazione scenica costruita pressoché di interni, in cui la m.d.p. attraverso precisi piani sequenza, profondità di campo e specchi che rimandano ai giochi prospettici della pittura fiamminga, imbastisce un dialogo sociologico ben definito tra le parti in campo, in cui le angolazioni e le posizioni in scena dei suoi protagonisti delineano gli effettivi gradini di potere occupati dagli stessi nel contesto in cui si aggirano.
Il giovane Tony progressivamente scivolerà nella trappola tesagli dal suo servo, abile mezzano, che riuscirà attraverso la carnale figura di Vera (Sarah Miles), sedicente sorella di Barrett, a sedurlo e mettere in gioco un meccanismo di peccato e vizio che corromperà definitivamente il corpo e lo spirito del nobile sfaccendato.
La casa diviene così il teatro in cui, col procedere del racconto, si consumerà questa caduta sociale accentuata, con fascinazione morbosa, dalla fotografia espressionista di Douglas Slocombe, sino al sovvertimento finale dei ruoli che Losey chiude in maniera impareggiabile e che a suo modo saprà riproporre nel successivo L'incidente, anch'esso specchio sociale di una classe morente e delle ipocrisie e velleità insite nella società stessa, vista ancora una volta attraverso un preciso microcosmo e con un sempre impareggiabile Dirk Bogarde.

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