David Mamet è uno di quegli autori apprezzati dalla critica, ma che non riesce a farsi notare spesso e volentieri dal grande pubblico, pur proponendo film serrati, dove si avverte una scrittura precisa nel costruire ingranaggi logici e trame che hanno una loro linea narrativa definita, da cui emergono spunti di critica sociale, come in questo thriller che vede un cast di tutto rispetto ed un attore azzeccato con la giusta faccia da duro impassibile ed impermeabile a tutto o quasi, efficiente nello svolgere il proprio lavoro.
Val Kilmer si presenta quindi, come l'uomo giusto nel film giusto per lui, in una storia che sicuramente evocherà altri film dalle trame intrise di complotti, ma che ha un suo fascino e una dinamica efficaci nell'introdurre elementi, che con il passare del tempo fanno emergere aspetti oscuri dietro l'apparente casuale rapimento della figlia di un uomo politico.
Kilmer è un uomo prevalentemente solitario, la cui figura appare volutamente indefinita, ma tutti sanno di potersi affidare a lui per un lavoro discreto e rapido, ma spesso l'eseguire degli ordini in maniera efficace ed efficiente non garantisce un lavoro ben riuscito. E' allora che entra in gioco lo spirito di verità, di ricerca di una soluzione ad un misterioso rapimento, da cui scaturisce lo spirito del boy scout e i rischi che questa presa di posizione comporterà per esso.
Mamet delinea un contesto di intrighi che vengono rivelati progressivamente da una serie di dettagli seminati lungo l'arco del racconto, delineando una trama non sempre facile da districare, ma che grazie ad un ritmo teso e ad un attore adatto alla parte assegnatali, rende il tutto decisamente apprezzabile, regalandoci un film in cui l'azione è ridotta all'essenziale e dove contano gli sguardi e i dettagli del racconto per giungere all'amara soluzione anche per il nostro eroe, condannato ad una solitudine, che se all'inizio appare una scelta di lavoro, alla fine diverrà una necessità di sopravvivenza per lo stesso.
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