Difficile trasporre il romanzo di De Lillo, per la sua costruzione così pensata, a tratti palese nel suo artificio narrativo, tanto da risultare e suonare falso nella sua scansione drammaturgica ed è il rischio che potrebbe e sembrerebbe correre Cronenberg nel tradurre per immagini tale breve opera letteraria, ma la sua fedeltà alla pagina cartacea con le debite variazioni del caso, per esigenze di linguaggio filmico, ci hanno restituito un film claustrofobico e cerebrale, che riporta il regista canadese sulla strada della sua svolta narrativa ed evolutiva o involutiva, a seconda di come la si voglia interpretare, intrapresa in maniera netta con Spider.
Il corpo per Cronenenberg, da tempo, non è più la semplice carne da vivisezionare e squartare o trasmutare, ma è un concetto ormai più lato, poiché interessato all'individuo e alla sua scomposizione mentale.
Pattinson è più adatto di quanto si potrebbe pensare ed immaginare ad incarnare il ruolo del protagonista dell'opera delilliana/cronenberghiana, per il suo essere qui vampiro non adolescenziale ed esanguemente patinato, ma quale icona di un giovane Holden post moderno assillato da interrogativi ben meno letterari ed umani del protagonista del romanzo di Salinger.
La limousine è il mondo autosufficiente, entro il cui ventre di corpo meccanico il nostro antieroe trascorre il proprio tempo esistenziale, salvo poche sortite al di fuori di essa per confrontarsi in luoghi altrettanto limitati con la propria moglie adolescente e svuotata di ogni senso affettivo, verso cui vorrebbe forse tendere, ma non si sa quanto consapevolmente e coscientemente, per ottenere un rapporto che preveda una qualche forma di affettività e conoscenza che non sia solo meramente carnale come vorrebbe farci presagire.
Cronenberg realizza, pertanto, un'opera narrativamente non facile da assimilare, composta da una serie di tableuax e situazioni che paiono distaccarsi e disporsi indipendentemente gli uni dagli altri, come episodi a se stanti, che trasmettono adeguatamente il senso di disagio e apatia che il nostro protagonista pare vivere, assillato da un'asimmetria prostatica (qui il ritorno dell'elemento corporale atto ad influire sull'individuo), che determinerà il suo loisir nella metropoli, sino alla resa dei conti verbale con l'altro protagonista del romanzo di De Lillo, su cui Cronenberg ci lascerà abilmente in sospeso, memore della base letteraria di partenza, ma con quella maggiore tensione che il cinema ci sa regalare in questi frangenti, regalandoci uno dei suoi lavori visivamente più interessanti di questo ultimo periodo.
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