
Hoffmann ruba la scena ad un Hawke, comunque bravo nel rendere un personaggio immaturo, infantile, incapace di responsabilizzarsi, a differenza del controllato e misurato, ma solo in apparenza, fratello maggiore.
Vite sull'orlo del baratro che meschinamente cercano di risollevarsi dai propri sbagli, ma senza riuscrivi in una spirale progressiva di ansia, violenza ed angoscia, dove i valori familiari vengono minati e subentra la vendetta arcaica, che tutto apparentemente riequilibra, lasciando una sensazione di vuoto inaccettabile, che gli spazi angusti in cui gli stessi protagonisti si aggirano, paiono trasmetterci, ingabbiandoli nelle proprie pulsioni e fantasmi, senza una via di scampo, concessa forse al padre nella sequenza finale, in cui per lui soltanto pare esserci un'uscita secondaria e meno limitata in cui infilarsi.
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