Si dovrebbe porre fine alle solite interviste zerbino da parte di certa stampa apparentemente specializzata in cui si elogia il film, senza averlo visto o peggio ancora dopo averlo visionato fingendo un sussiegoso apprezzamento, anche se da quello che si legge in giro, a parte qualche rara eccezione, pare che Wolfman sia stato davvero apprezzato.
Evidentemente ho dei problemi di accettazione di ciò che vedo sullo schermo, e questo credo valga anche per la mia collega di visioni cine-pacco, che ultimamente mi fornisce sostegno morale e cinefilo (per quanto questa visione sia stata imposta per dovere di critica per conto terzi e non per diletto di questo blog), ma credo che anche lei prima o poi desisterà dal seguirmi in simili avventure e perversioni in cui si parte alla volta del cinema fiduciosi, per poi, dopo alcune battute, vedere ogni sogno morire all'alba con conseguente sogghigno con risata incorporata trattenuta a forza per non essere fustigati da qualche spettatore appassionato dalla visione del film in oggetto.
Wolfman è un progetto nato da mille difficoltà e voci contrastanti, che Del Toro ha abilmente sviato, smentito, ritrovandosi anche a dover giustificare la scelta di un genere cui sembrava, secondo i più, non appartenere, come se il cinema horror fosse un genere minore.
Bisogna subito poi chiarire che questo film non è un remake de L'uomo lupo della Universal, casa divenuta famosa per una serie di opere horror che hanno fatto la storia del genere e che costituiscono dei piccoli gioielli di cinema da recuperare e rivedere.
Il film di Johnston nonostante fosse in possesso di tutti i crismi per una buona resa sia tecnica che narrativa, si dimostra invece lento, decadente e compiaciuto del proprio stile barocco, ma nel senso più deteriore del termine, in cui tutto appare eccessivamente saturo, posticcio ed eccessivamente affettato, tant'è che non si vede l'ora che arrivi la fine.
Hopkins purtroppo non riesce più a magnetizzare l'attenzione come ai tempi de Il silenzio degli innocenti ed è decisamente stancante pure per lui credo, ogni volta sentirsi richiamare alla memoria quel ruolo memorabile, come se quella maschera non riuscisse più a togliersela di dosso e vederlo ridotto a dover ricoprire ruoli che tentano in controluce di riproporci una personalità luciferina a tutti i costi, pare alla fine ottenere un effetto stancante e macchiettistico, come se ci si aspettasse già di vedere l'attore cadere in una trappola interpretativa precostituita.
Johnston vorrebbe condurci in una tragedia dai tratti scespiriani, in cui lo scontro tra generazioni si mescola con i meandri oscuri della psiche e della ragione scientifica, contrapposta alla tradizione popolare e zingaresca, peccato che ne scaturisca un calderone confuso abborracciato, in cui anche i sentimenti divengono sospiri affannosi saturi di melassa e retorica affettata come tutto il contesto in cui si svolge il racconto, perdendo il suo fascino di mistero potenziale e di oscurità, in cui l'insistenza sulla simbologia lunare viene resa con una patinatura degna dei peggiori videoclip a tematica gotica.
Evidentemente ho dei problemi di accettazione di ciò che vedo sullo schermo, e questo credo valga anche per la mia collega di visioni cine-pacco, che ultimamente mi fornisce sostegno morale e cinefilo (per quanto questa visione sia stata imposta per dovere di critica per conto terzi e non per diletto di questo blog), ma credo che anche lei prima o poi desisterà dal seguirmi in simili avventure e perversioni in cui si parte alla volta del cinema fiduciosi, per poi, dopo alcune battute, vedere ogni sogno morire all'alba con conseguente sogghigno con risata incorporata trattenuta a forza per non essere fustigati da qualche spettatore appassionato dalla visione del film in oggetto.
Wolfman è un progetto nato da mille difficoltà e voci contrastanti, che Del Toro ha abilmente sviato, smentito, ritrovandosi anche a dover giustificare la scelta di un genere cui sembrava, secondo i più, non appartenere, come se il cinema horror fosse un genere minore.
Bisogna subito poi chiarire che questo film non è un remake de L'uomo lupo della Universal, casa divenuta famosa per una serie di opere horror che hanno fatto la storia del genere e che costituiscono dei piccoli gioielli di cinema da recuperare e rivedere.
Il film di Johnston nonostante fosse in possesso di tutti i crismi per una buona resa sia tecnica che narrativa, si dimostra invece lento, decadente e compiaciuto del proprio stile barocco, ma nel senso più deteriore del termine, in cui tutto appare eccessivamente saturo, posticcio ed eccessivamente affettato, tant'è che non si vede l'ora che arrivi la fine.
Hopkins purtroppo non riesce più a magnetizzare l'attenzione come ai tempi de Il silenzio degli innocenti ed è decisamente stancante pure per lui credo, ogni volta sentirsi richiamare alla memoria quel ruolo memorabile, come se quella maschera non riuscisse più a togliersela di dosso e vederlo ridotto a dover ricoprire ruoli che tentano in controluce di riproporci una personalità luciferina a tutti i costi, pare alla fine ottenere un effetto stancante e macchiettistico, come se ci si aspettasse già di vedere l'attore cadere in una trappola interpretativa precostituita.
Johnston vorrebbe condurci in una tragedia dai tratti scespiriani, in cui lo scontro tra generazioni si mescola con i meandri oscuri della psiche e della ragione scientifica, contrapposta alla tradizione popolare e zingaresca, peccato che ne scaturisca un calderone confuso abborracciato, in cui anche i sentimenti divengono sospiri affannosi saturi di melassa e retorica affettata come tutto il contesto in cui si svolge il racconto, perdendo il suo fascino di mistero potenziale e di oscurità, in cui l'insistenza sulla simbologia lunare viene resa con una patinatura degna dei peggiori videoclip a tematica gotica.
10 commenti:
io voglio vederlo ma questa tua recensione avvalora ancora una volta di più i miei sospetti di sòla imbarazzante. quando un film rimaneggiato all'infinito è inevitabile. behvabbé mi consolerò vedendo quella grande di emily blunt!
magari poi ti piace, prendansi con le molle le mie valutazioni... per quanto rimango dell'idea che è stata un'occasione sprecata...
alla fine ho evitato, dando la priorità ad altro, sicuro di non perdermi niente.
sicuramente l'altro sarà stato più interessante... :-)
insomma...era genitori e figli...discutibile, vedibile ma soprattutto perdibile. Il classico senza infamia e senza lode, dove si salva solo la sempre mitica Piera degli Esposti.
quello da buon snob cinefilo lo evito come la peste, anche perché i manuali d'amore di Veronesi li ho trovati decisamente insopportabili... ;-)
Che ne pensate di Alice in wonderland? Sono indecisa se andare o meno a vederlo... A voi ispira?
sono curioso e scettico al tempo stesso... ma lo vedrò anche perché vi sono delle considerazioni da fare già solo per aver scelto un'Alice più grande di quella del romanzo, con tutte le implicazioni psicanalitiche che ne possono conseguire...
al di là di questo il 3D mi lascia perplesso e non vorrei trovarmi di fronte ad una sorta di La fabbrica di cioccolato 2, freddo e distaccato...
..Già, infatti.. (Poi non ho visto ancora niente in 3D!). Ok, lo vedrò e poi ne parliamo!
Ho letto intanto la recensione qui sopra di "Gerry", molto interessante...
Per ora ho visto solo Up in 3D ma era un effetto moderato, non una baracconata insomma... in questi giorni spero di riuscire a vedere Alice, per quanto riguarda gerry è del 2001 e sono riuscito a vederlo solo ieri dopo tanto tempo e rinvii della sua visione... lieto di aver suscitato una sufficiente curiosità... ;-)
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