06/09/10

Somewhere

Cui prodest il nuovo film della Coppola? E' evidente che questo suo ultimo lavoro costituisca un ulteriore tassello della sua filmografia e trilogia (?) della solitudine o meglio dello smarrimento esistenziale in cui si ritrovano i protagonisti dei suoi film, ma sorge spontaneo chiedersi se era necessario un ulteriore racconto per immagini che ci rappresentasse il disagio di un attore di successo, incapace di godere della propria vita con coscienza e vero godimento come si converrebbe secondo le nostre aspettative di comuni mortali.
Ancora una volta un hotel come nel suo primo film della serie, Lost In Translation, che l'aveva rivelata al cinema d'autore e non solo, per poi proseguire il discorso con l'opera postmoderna Marie Antoinette, anch'essa eroina persa in un luogo in cui spazio e tempo sembrano annullarsi e annullare chi ci vive.
Anche quest'ultimo lavoro pare riproporre quell'analisi di fondo insita nelle sue precedenti opere, asciugando all'essenziale il discorso e lasciando che sia la m.d.p., attraverso i suoi piani sequenza, a raccontarci il senso di vuoto e disagio di cui è ammantata la vita di Johnny Marco, personaggio il cui nome è una sorta di manifestazione onomastica di un individuo comune, banale, incapace di andare oltre la propria quotidianità scialba, seppur ricca, apparentemente, di stimoli e soddisfazioni.
Sofia Coppola adotta uno stile che è tipico di quel cinema d'autore che punta all'essenzialità per descrivere ciò che solitamente a parole o per immagini si rischia di manifestare in maniera banale o superficiale, eppure questo stile asciutto, fatto di un minimalismo così à la page, ha fatto il suo tempo, per quanto riesca ancora ad ottenere consensi ed attestati di stima, ma credo che sia ormai quasi fine a se stesso e il film della Coppola non sia così indispensabile da doverci raccontare per forza aspetti che possiamo ben immaginare e che per quanto riguardano la nostra realtà avremmo fatto a meno di vedere, non perché saturi di luoghi comuni secondo gli stilemi di sguardo di coloro che ci vedono dal di fuori, ma forse perché noi stessi siamo divenuti quello stereotipo e questo è ancor più preoccupante e agghiacciante per la nostra realtà e la nostra coscienza.
Un film che dividerà, che farà arrabbiare i suoi detrattori ed esaltare i suoi estimatori, io rimango invece tiepido, in attesa di vedere se la regista saprà andare avanti come il suo protagonista nel finale o se continuerà a girare insistentemente su se stessa come nella sequenza iniziale, che racchiude un po' il senso del film e dello stato attuale del suo cinema, un ouroboros a rischio leziosità.

4 commenti:

Seaborg ha detto...

Concordo con te su ogni punto.
Mi e' bastato vedere il trailer per capire che non non dice niente di nuovo rispetto a Lost in Traslation. Il rapporto uomo maturo-ragazza giovane viene estremizzato e desessualizzato, ma a parte questo...
CUI PRODEST?
Sono uno dei pochi che ha apprezzato piu' Marie Antoinette che L.I.T. Mi sembra che la sfarzosita' del soggetto aveva permesso alla Coppola di uscire dal suo stile minimal-cool e ci aveva dato sequenze piu' sognanti, errori affascinanti e un'ironia piu' sincera

Pereira ha detto...

A quanto pare il nostro pensiero non pare essere condiviso dalla maggior parte della critica e dei giurati dell'ultima mostra di Venezia... ;-) Il film in sé non è brutto o fatto male, anzi parlandone con degli amici cui è piaciuto, condividevo le loro impressioni positive su certi aspetti del film, ma è il prodotto in se stesso a non aggiungere nulla di nuovo al cinema della Coppola e al Cinema in generale, per questo stile apparentemente minimalista, essenziale, asciugato da presunti svolazzi della m.d.p., ma che pare essere congegnato in modo tale da risultare vincente e far presa sulla critica. Non so e mi ripeto, nulla di nuovo sul fronte occidentale e nel cinema della Coppola, che per certi versi era sembrata effettivamente più coraggiosa con il precedente film, anche se lì forse c'erano potenziali tracce di un certo compiacimento registico e autoriale, ma almeno funzionava...

seaborgium ha detto...

Sono andato a vederlo, giusto perche' lo davano al cinema vicino dove lavoro e il lunedi e' solo 7 sterline.
Quando le aspettative sono basse e' difficile rimanere delusi, eppure...
Is Sophia still caught up in the Oedipal complex? sembra odiare tutte le bellissime donne che Johnny Marco si porta a letto, mentre l'unica a brillare di un perverso fascino sensuale e' la figlia (la sequenza sulla pista di pattinaggio e' un inno a Nobokov).
L'unico momento di felicita' di questo attore non sono i party, le interviste, la stima di aspiranti attori, le donne che cadono ai tuoi piedi, il successo di un film... NO! solo un banale momento sdraiato al sole in un albergo di LA, perche' la figlia gli e' accanto...
Sophia, get over yourself!

Pereira ha detto...

Sicuramente la Coppola vuole dirci molto con questo suo minimalismo e la sequenza iniziale esprime perfettamente il senso del film e dell'esistenza del suo protagonista. Credo abbia chiuso un percorso, o almeno lo spero, perché stavolta non sono riuscito ad apprezzare appieno la sua scelta narrativa...