30/06/12

Sister

La scelta di cambiare il titolo originale con il più accattivante e ambivalente Sister rappresenta un modo per giocare sul rapporto ambiguo dei protagonisti, di cui il trailer stesso si fa portatore.
La visione del film ad ogni modo disvela un'opera debitrice del cinema dei Dardenne nella rappresentazione di un'infanzia asetticamente infelice e disumana, posta su un territorio di confine in cui evidenti si rivelano le contrapposizioni sociali dei protagonisti rispetto ad un altrove superno cui aspirare, rispetto al fondo in cui si ritrovano a vivere e sopravvivere.
Ursula Meier ha dalla sua due protagonisti molto bravi, in particolare Kacey Mottet Klein, bambino/adulto per certi versi, responsabile della propria educazione e sopravvivenza che l'amata "sorella" sembra non riuscire a garantirgli del tutto come anche l'affetto, che lo stesso ricerca e compra attraverso un mercimonio che inaridisce e indurisce lo sguardo.
Potrebbe apparire troppo rigida e programmatica la visione della regista, che nello stile, come già ricordato ci riporta inevitabilmente ai pluripremiati fratelli belgi e quindi ad un tipo di narrazione che pare esserne un mero emulo, non del tutto capace di svincolarsi dall'originale, ma che merita comunque uno sguardo per i suoi protagonisti e per la scelta di raccontare ancora una volta un territorio di confine, che nella sua stagionalità effimera rivela tutta la caducità di una momentaneo appagamento esistenziale, economico ed affettivo.

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