Operazione interessante quella di riscoprire un pianista come Petrucciani e constatare che il senso di pietà e commozione nei confronti di un uomo fisicamente provato da una malattia degenerativa come la sua, possa essere facilmente superato dall'immagine che Radford ci restituisce, attraverso interviste ed immagini di repertorio di un uomo, che mai si è sentito complessato o incompleto, anzi. Radford, infatti evidenzia come il musicista non si sentisse affatto diverso o fosse complessato rispetto alle persone che lo circondavano e come la passione per la musica e per gli eccessi non siano mancati nella sua vita, consumata decisamente intensamente.
Si scopre così un personaggio molto sopra le righe, a tratti decisamente guascone, forse troppo, ma le sue donne sembrano confermarne le qualità, senza però dimenticarne i difetti caratteriali, la voracità sessuale e la voglia di provare e sperimentare tutto come un bambino affamato e assetato di conoscenze ed esperienze.
Interessante notare come alcuni dei suoi musicisti e mentori riconoscano in Petrucciani una tendenza alla rielaborazione in chiave molto personale di vicende ed episodi della propria carriera, aspetti che si possono riconoscere a partire dalla figura paterna, molto sicura della propria musica e delle proprie capacità, superata però da un figlio così geniale e fisicamente impressionante nel suo darsi alla tastiera, tanto da procurarsi spesso traumi legati anche la propria fragilità fisica.
Quello di Radford sembra il ritratto per immagini di un bambino nel corpo di un adulto, cui non è stato consentito di crescere in altezza, ma che ha rappresentato una figura significativa nel mondo della musica.
Radford si dilunga forse troppo nel ricalcare e riascoltare le opinioni di chi ha circondato Petrucciani, creando una sorta di reiterazione narrativa che alla lunga stanca e non aggiunge nulla di più, seppur spunti interessanti che avrebbero meritato maggiore attenzione, sembrano emergere dalla figura del figlio del musicista, anch'esso condannato alla stessa malattia paterna, ma meno dedito agli eccessi del genitore e quasi schiacciato dal peso di una simile figura come in altri casi ben noti di figli d'arte.
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