12/05/07

The Honeymoon Killers

Il regista Leonard Kastel ispirandosi ad una storia vera è riuscito a creare una trasposizione fredda ed inquietante di una vicenda d'amore e morte dal taglio documentario. La scelta stessa del bianco e nero e l'impiego del piano sequenza costituiscono scelte stilistiche appropriate nel trasmettere il senso di morbosa oppressione esistente nel rapporto tra Martha e Ray, individui incapaci di relazionarsi con la propria realtà, se non attraverso rapporti mediati che ne denotano sin dal principio la meschinità umana, ma al tempo stesso ponendosi come figure ribelli rispetto ad un contesto sociale bigotto e chiuso.
Le vittime dei due amanti assassini denotano visioni della realtà molto ristrette e conservatrici, tanto da essere derise e criticate dai protagonisti, che con il loro lucido arrivismo, si pongono come elementi di rottura in un contesto sociale, dove a prevalere, sotto la cenere del perbenismo, sono l'egoismo e l'ipocrisia.
L'incontro inziale tra Ray e Martha parrebbe vedere quest'ultima come una delle tante donne defraudate dall'astuto procacciatore di doti, ma questa prospettiva viene subito smentita dall'inganno posto in essere dalla stessa per rivedere il prorio amato e legarlo a sé. Da qui inizia il rapporto di amore e complicità tra i due, vissuto con estrema difficoltà da Martha, la quale non riesce ad accettare l'esuberanza sessuale del proprio amante nei confronti di altre donne, seppur finalizzato all'inganno e al profitto, tanto da divenire lei stessa la prima autrice della catena di delitti che accompagnerà la coppia diabolica nel suo rapporto d'amore, noncurante delle conseguenze stesse di queste omicidi, così da divenire un'impellenza necessaria per una relazione fondata su basi morbose e devianti.
Kastle riesce a rappresentare tutto questo con grande equilibrio e misura, senza eccedere o ricadere in facili sensazionalismi, tanto da far apparire la morte stessa come un'evento giustamente disturbante nella sua messa in scena e non come un gioco fascinoso per i protagonisti e lo spettatore. Essa è sì una conseguenza necessaria, ma mai così facilmente accettabile ed indifferente per i suoi fautori, anche nel momento in cui questa viene relegata al fuori campo, tanto da non divenire, per questa sua apparente assenza, meno opprimente per chi guarda.

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