18/04/09

Il terzo uomo

Film stratificato nei contenuti che non si può inquadrare semplicemente nell'ambito noir o dello spionaggio e che costituisce una delle opere fondamentali del cinema di genere e della storia della decima arte. Annoverabile tra i film più significativi di Orson Welles, nonostante non gli appartenga dal punto di vista registico, ma è evidente la sua debordante ed essenziale presenza in fase di scrittura e di realizzazione delle inquadrature.
La potenza di Welles è tale da riuscire ad ammantare l'intera storia di una tensione e di un mistero notevoli, anche grazie alla sua assenza per gran parte del film, che aleggia misteriosa sui protagonisti sino al suo disvelamento progressivo attraverso la sineddoche e successivamente all'occhio di bue della luce di una finestra, che lo introduce con il suo sorriso canagliesco che ce lo rende subito affascinante nella sua malvagità e cinismo, aspetti che egli riesce a sintetizzare in una battuta memorabile, capace di sintetizzare l'utilità di secoli di storia e di guerre in confronto ad un'epoca di lunga pace, che in Svizzera non ha fatto altro che produrre alla fine solo l'orologio a cucù.
Film che si consiglia di recuperare e visionare in lingua originale, per apprezzarne le sfumature linguistiche e per calarsi completamente nell'atmosfera espressionista delle luci e degli angoli di una Vienna occupata alla fine della seconda guerra mondiale, in cui l'idealista Holly Martins (Joseph Cotten) si ritrova coinvolto in un intrigo più grande delle sue possibilità, schiacciato dalla figura dell'amico Harry Lime e sconfitto in partenza negli affetti dallo stesso, in quanto non ricambiato dalla sofferente e affascinante Alida Valli, amante consapevole, ma per questo capace di scusare e perdonare sino alla fine gli orrori commessi dal suo amato Harry.
Holly è uno scrittore mediocre, l'eterno secondo nella vita e nei sentimenti rispetto al suo compare e grande amico Harry, che pare non esitare nell'eliminare qualsiasi ostacolo in grado di rovinare i suoi piani criminali.
Martins è egli stesso una pedina in gioco che si assurge a giustiziere solitario come i suoi personaggi da feuiletton, che non lo aiutano ad elevarsi però a vero autore se non per il suo unico apparente lettore, un militare, quale emblema di un genere letterario popolare e per questo non forse degno di considerazione da parte dei salotti letterari, tant'è che pure il suo stesso nome viene sminuito e denigrato, in modo da acuire il suo scarso valore intellettuale ed umano, ma ciò non gli impedisce fino alla fine di mettersi in gioco per un sentimento che lo vedrà, come i suoi protagonisti, destinato ad una solitudine forse non così meritata.

4 commenti:

Ukiyoe ha detto...

Credo che questo film si sia prestato benissimo ad essere espressione delle idee di Wells, del suo struggente sarcasmo e del suo sguardo quasi buffo, almeno quanto in Quarto potere...

Pereira ha detto...

Effettivamente è un film decisamente wellesiano, nel senso che è riuscito a farlo suo sin dalla sua stessa assenza iniziale sulla scena, a dimostrazione del carisma e dell'aura di cui è sempre stato ammantato questo artista e uomo...

Ukiyoe ha detto...

Si, concordo con te... Poi non so tu ma io non riesco a non sorridere di fronte a certe sue espressioni... forse è anche per questo che Pasolini lo volle ne La ricotta... PS. In questi giorni ho visto un film che non c'entra niente con Wells, ma per dirti che l'ho trovato davvero interessante... Stalker di Tarkowskij.. Aspetto nuove recensioni!

Pereira ha detto...

Già già, Pasolini aveva visto giusto in lui, davvero bella La ricotta. Mittico Stalker... devo ancora vederlo... è lì da tempo che m'attende...
se Tarkovskij sapesse che il titolo del suo film è diventato sinonimo per definire l'autore di un reato decisamente disdicevole, non so come la prenderebbe... ;)
Purtroppo ultimamente non ho più visto nulla di interessante al cinema e devo rimediare con i film in cassetta o dvd... se avrai pazienza di aspettare :)
grazie intanto per i commenti :)