Il film di Stoppard nasce da una sua rappresentazione teatrale in cui i due personaggi della tragedia scespiriana, da meri comprimari, divengono assoluti protagonisti, quali emblemi dell'inconoscibilità o meglio della mancanza di volontà conoscitiva dell'uomo nei confronti del destino e dell'impossibilità a sfuggirgli.
Stoppard elabora un film che gioca apertamente sugli spunti dialettici e sui sofismi insiti nel linguaggio e nella retorica, quali strumenti non finiti per tentare di comprendere una realtà che sfugge costantemente ai due giovani, assurti loro malgrado a figure apparentemente di spicco nella vicenda danese, ma in fondo pedine nelle mani del destino o meglio del suo autore.
Stoppard usa con evidenza la retorica teatrale e trasforma il suo film in una trasposizione per immagini di un impianto scenico che intrappola i suoi protagonisti, ignari del loro ruolo iniziale e apparentemente confusi sulle loro stesse identità, quale sintomo dell'indifferenza e interscambiabilità di fronte alla morte delle loro personalità.
Il percorso intrapreso da Rosencratz e Guildenstern (Tim Roth e Gary Oldman) è un tentativo di conoscenza impossibile, che viene frustrato dai loro limiti intrinseci e anche da una certa miopia cognitiva, seppur vi sia da parte loro una possibilità di avvicinamento alla verità e alla conoscenza almeno dei fenomeni fisici che si celano dietro alla nostra quotidianità, ma che non vengono appieno formulati e/o frustrati per cedere il passo a riflessioni e sillogismi che ne disvelano tutta la vacuità ed inconsistenza, soprattutto di fronte all'abilità dialettica di Amleto e alla loro stessa cecità nel non riconoscere attraverso le rappresentazioni teatrali loro offerte, il loro destino e le vicende di cui sono involontariamente parte.
Stoppard costruisce un labirinto scenico-teatrale in cui intrappola le sue cavie, rendendole strumenti del fato e della sua scrittura scenica, che si attiene a quello che è il finale della tragedia, per mettere in campo una sorta di cinema metateatrale in cui le dissolvenze sono costituite da cambi di scena scanditi da sipari che avvolgono i due ignari protagonisti per condurli ad una morte che loro stessi non riescono ad evitare per ignavia e per presunzione delle proprie capacità retoriche, che ne trasmettono un'immagine scanzonata e un po' stolta, volta a rendere il racconto una tragicommedia sulla vita e il nostro presunto destino o fato che dir si voglia.
Stoppard elabora un film che gioca apertamente sugli spunti dialettici e sui sofismi insiti nel linguaggio e nella retorica, quali strumenti non finiti per tentare di comprendere una realtà che sfugge costantemente ai due giovani, assurti loro malgrado a figure apparentemente di spicco nella vicenda danese, ma in fondo pedine nelle mani del destino o meglio del suo autore.
Stoppard usa con evidenza la retorica teatrale e trasforma il suo film in una trasposizione per immagini di un impianto scenico che intrappola i suoi protagonisti, ignari del loro ruolo iniziale e apparentemente confusi sulle loro stesse identità, quale sintomo dell'indifferenza e interscambiabilità di fronte alla morte delle loro personalità.
Il percorso intrapreso da Rosencratz e Guildenstern (Tim Roth e Gary Oldman) è un tentativo di conoscenza impossibile, che viene frustrato dai loro limiti intrinseci e anche da una certa miopia cognitiva, seppur vi sia da parte loro una possibilità di avvicinamento alla verità e alla conoscenza almeno dei fenomeni fisici che si celano dietro alla nostra quotidianità, ma che non vengono appieno formulati e/o frustrati per cedere il passo a riflessioni e sillogismi che ne disvelano tutta la vacuità ed inconsistenza, soprattutto di fronte all'abilità dialettica di Amleto e alla loro stessa cecità nel non riconoscere attraverso le rappresentazioni teatrali loro offerte, il loro destino e le vicende di cui sono involontariamente parte.
Stoppard costruisce un labirinto scenico-teatrale in cui intrappola le sue cavie, rendendole strumenti del fato e della sua scrittura scenica, che si attiene a quello che è il finale della tragedia, per mettere in campo una sorta di cinema metateatrale in cui le dissolvenze sono costituite da cambi di scena scanditi da sipari che avvolgono i due ignari protagonisti per condurli ad una morte che loro stessi non riescono ad evitare per ignavia e per presunzione delle proprie capacità retoriche, che ne trasmettono un'immagine scanzonata e un po' stolta, volta a rendere il racconto una tragicommedia sulla vita e il nostro presunto destino o fato che dir si voglia.
Nessun commento:
Posta un commento