24/03/10

1997: Fuga da New York

Carpenter a suo tempo riuscì a regalare dopo Halloween un altro piccolo cult che virava questa volta verso una visione distopica del futuro, aderendo a quell'idea dominante di una società dedita alla violenza e al crimine, al punto da trasformare la stessa New York come città carceraria di massima sicurezza.
Una sorta di girone infernale, come già sicuramente poteva essere vista nell'immaginario dei più, andando con la mente al Bronx di quegli anni.
Kurt Russell è un antieroe muscolare e cinico, ex militare considerato personaggio noto al mondo del crimine per le sue peripezie, diviene l'uomo giusto al momento giusto per salvare il Presidente degli Stati Uniti d'America dal sequestro operato dagli abitanti dell'isola carcere a seguito di un dirottamento aereo.
Donald Pleasance, attore feticcio e caratterista di rilievo del cinema di quegli anni, insieme ad altri volti importantissimi come Lee Van Cleef o Ernest Borgnine, senza dimenticare altre facce cinematografiche meno note ai più ma non di minore levatura come Harry Dean Stanton, Isaac Hayes e Tom Atkins, incarna un pavido e sufficientemente isterico Presidente, il cui cinismo o meglio grettezza emergeranno con evidenza nel corso della vicenda e nel finale.
Carpenter riesce a costruire un film in cui a prevalere è sicuramente l'ambientazione notturna e spettrale, in cui la città di New York pare il set di un film horror e postapocalittico, i cui abitanti si muovono silenziosamente deambulando come zombie assetati di sangue.
Il personaggio di Russell, Jena Plissken nell'adattamento italiano, in quanto in originale è Snake, è uomo di poche parole, sprezzante e audace quanto basta per compiere una missione da cui dipende la sua stessa vita, come gli ricorda il timer legato al polso che scandisce il tempo restante al rilascio del veleno che lo ucciderà, se non riporterà per tempo il Presidente.
Aggirandosi per la notturna New York troverà alleati e vecchie conoscenze del suo passato che lo assisteranno nella sua missione impossibile, ritrovandosi alle prese con un microcosmo carcerario che riproduce il mondo reale o meglio la visione pessimistica di un mondo sull'orlo del baratro della guerra nucleare, in cui a farla da padrone è un criminale nero, giusto per rafforzare quell'immagine delinquenziale tipica del tempo, in cui elementi kitsch ne caratterizzano l'aspetto e il senso del potere.
Nonostante l'azione e la secchezza della vicenda in cui emergono in ogni caso la durezza e il fascino di Plissken, Carpenter non rinuncia a far trasparire un senso dell'onore e dell'amicizia, mai sbandierati, nel cinico Jena, il quale in un finale dai toni sarcastici e anticonvenzionali conferma la propria natura di uomo disinteressato e fatalista, ma dimostra anche il suo rispetto per coloro che nella sua battaglia per la sopravvivenza lo hanno sostenuto.
Questo film rappresenta un esempio di come a suo tempo una produttrice lungimirante come Debra Hill seppe alimentare una stagione cinematografica prolifica dal punto di vista delle idee all'interno del cinema d'azione, elevandolo a prodotto in grado di trasmettere anche messaggi sociali di non poco conto dietro l'apparenza della confezione, dando modo a registi come Carpenter di riuscire a realizzare film che ancora oggi fanno parte di un certo immaginario cinematografico.

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