La trasposizione al cinema dell'ennesimo fumetto Marvel ha dimostrato di essere meno scontata e banale di altre produzioni, realizzando un cinema d'azione in cui Robert Downey jr. sembra ritrovare, come il personaggio da lui incarnato, una via di redenzione al proprio passato, senza perdere l'ironia che salva spesso e volentieri operazioni che rischiano di prendersi troppo sul serio.
Le ambiguità di cui è disseminata la storia nel definire le relazioni tra i vari protagonisti e la scena finale dopo i lunghi titoli di coda, che crea un utile aggancio al film successivo, minore rispetto a questo primo capitolo, sostengono un racconto che nella sua lunghezza temporale potrebbe cadere presto nella noia, come spesso avviene nel raccontare la genesi di un eroe.
Iron Man esalta l'umanità del suo protagonista che prende progressivamente coscienza del proprio ruolo e delle possibili conseguenze, che il suo esoscheletro può rappresentare in un mondo in cui la guerra è ancora presente e di cui fino a quel momento era stato indiretto sostenitore.
Tony Stark non ha paura di nascondersi, anzi, sente la necessità di rendere nota la propria identità per esigenze di ego, insite nella natura di un uomo, che ha bisogno di rimanere al centro dell'attenzione e che pur orfano dei propri genitori e soprattutto di un padre creatore di un impero, che il socio Jeff Bridges progressivamente tenterà di derubare al rampollo geniale, dimostra di saper affrontare con spirito spavaldo i propri errori e tentare di porvi rimedio, senza che il film debba dare per scontate conseguenze immaginabili, lasciandole giustamente in sospeso, in attesa di svilupparle nei capitoli successivi.
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