17/08/11

In Bruges - La coscienza dell'assassino


Il killer quale figura professionale anomala ha sempre un suo fascino e la voce narrante di Farrell ci fa comprendere sin da subito che la trasferta belga nasconde qualcosa di poco promettente per la coppia di assassini prezzolati.
McDonagh procede con calma nel definire i due protagonisti, figure culturalmente e umanamente contrapposte, in cui la persona di Farrell appare come quella più inetta per un'insita stupidità e superficialità che non denota cattiveria ed, infatti, tale impressione viene poi confermata da un flashback significativo del disagio umano in cui versa Ray (Colin Farrell).
La m.d.p. ci accompagna tra le strade e i canali della cittadina belga accentuandone i dettagli gotici e sfruttando le immagini di Bosch, quale referente visivo e di riflessione per i due killer ed in particolare per il depresso Ray, ma il film continua ad ondeggiare tra spunti grotteschi, senza spingersi fino in fondo su quel versante, cui forse avrebbe giovato decisamente sulla resa finale di un racconto che procede a rilento e quasi stancamente, ad altri più drammatici, dove il confronto con le regole dell'omicidio su commissione e la visione dell'esistenza e del proprio lavoro da parte del compagno più anziano Ken (Brendan Gleeson) e dell'intrattabile capo Harry (Ralph Fiennes) costituiscono una cornice seriosa in un contesto quasi burlesco e a volte stridente.
Il percorso di Farrell all'interno di Bruges diviene progressivamente una presa di coscienza dell'inferno in terra in cui pare essere caduto per punizione per i propri errori, in cui troverà una materializzazione extra pittorica attraverso il medium cinema e la figura di un nano attore che, quale personaggio apparentemente secondario, diverrà elemento cardine del percorso interiore ed umano dell'individuo meno accattivante del film.
Un film forse sopravvalutato nella sua narrazione ambigua, che inevitabilmente, in alcuni suoi punti pare riecheggiare ormai lo stile tarantiniano, nel bene e nel male, ma la tensione narrativa non appare così forte e avvincente come ci si aspetterebbe da una storia di killer e ci si chiede se una scelta più netta sul tipo di registro narrativo da adottare avrebbe garantito un risultato più felice, rispetto ad una ricerca di originalità a tutti i costi, che dimostra un'ammiccamento troppo evidente e non così felice nei suoi esiti.

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