22/12/11

Tomboy

Difficile stabilire come si definisca la propria sessualità, se sia frutto di una scelta consapevole, di un instradamento sociale o qualcosa di istintivo, interrogativi che emergono, insieme a molti altri, dalla visione di questo delicato film francese, che dimostra di saper fotografare il mondo infantile con uno sguardo impensato e impensabile per il cinema contemporaneo, avvezzo a facili stereotipi.
A differenza di un film come XXY, che sull'ambiguità dell'identità sessuale aveva saputo giocarci con una certa abilità e furberia, rischiando di cadere in una drammaturgia manierata, qui invece il discorso si presenta apparentemente più piano, semplice, ma senza per questo dimenticare le complicazioni e le conseguenze che l'identità sessuale può ingenerare negli altri che ci circondano e sopratutto nel microcosmo dell'infanzia, cui la protagonista appartiene e sente di volerne fare parte.
La regista dimostra come l'approccio educativo dei genitori nei confronti della nostra protagonista, avvezza apparentemente a giocare, ma non così maliziosamente come il termine sembrerebbe implicare, con la propria identità sessuale, sia nettamente divergente; da una parte un padre che agisce e si comporta come un adulto/amico che decide di condividere azioni e costumi condivisibili con un figlio maschio, dall'altra una madre che apprezza la circostanza fortuita ed incidentale in cui la propria figlia si presenta truccata come una bambina della sua età, alla scoperta di un'identità e di una malizia ancora tutta da venire, ma senza percepire il disagio provato per quell'adeguamento ad una femminilità che pare un vestito scomodo e inadeguato per la nostra protagonista.
Quello che il film tenta di dire e credo riesca a farlo senza voler accumulare e raccontare eccessivamente, lasciando ai momenti di silenzio, alle interazioni con il gruppo di bambini, è l'evitare di voler inquadrare la protagonista in una scelta identitaria dettata da cause e motivi precisi. Non ci è dato, infatti, comprendere il perché delle ragioni che la spingono a operare certe scelte, nel voler mantenere un'ambiguità che potrebbe sconvolgere un intero pensiero comune e determinare crudeli conseguenze in un gruppo sociale ben definito come quello dei bambini. 
Quella della protagonista non è una mera scelta di sessualità, di identità avvertita come segnale di omosessualità, tutti aspetti e risposte che potrebbero rassicurarci e darci soluzioni pronte per l'uso, modellate sul nostro modo di vedere il mondo in un dato modo, ma che invero spalancano le porte a riflessioni e a domande cui non è facile rispondere e a cui non viene data risposta non per astuzia programmatica dell'autrice, ma  credo per autentica sensibilità ed attenzione di sguardo ad un mondo e ad una natura, che non sempre possono essere semplicemente ricondotte a spiegazioni scientifiche o sociologiche.

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