16/07/11

Babel

Procedendo a ritroso nella scoperta o riscoperta del cinema di Iñárritu permane l'impressione di un cinema che narrativamente e tecnicamente non aggiunge nulla di nuovo al cinema contemporaneo, dove le storie ad incastro, accomunate tutte da un fulcro di partenza comune, che subodora le teorie del caos che tanto affascinano e coinvolgono i loro sostenitori, hanno il sapore stantio di un cinema incapace di emozionare veramente.
Emozioni ne trasmette, o prova a trasmetterle ed in parte vi riesce, ma l'artificio narrativo di cui sono fatte, la patina levigata che le costituisce, dimostra come una certa idea narrativa di derivazione altmaniana/carveriana, sia stata purtroppo sfruttata ed usurata troppo presto.
La coppia Arriaga-Iñárritu rivela, risalendo la corrente delle loro opere e collaborazioni, come vi sia dietro un'idea di cinema intellettualmente stancante e autocompiaciuta, ma che riesce a funzionare e trovare riscontro di premi, nonostante chi come il sottoscritto, con il passare del tempo si ritrovi a guardare con sospetto opere che forse in passato lo avrebbero incuriosito ed affascinato, ma che con uno sguardo meno disilluso appaiono a distanza di anni per quello che sono, artifizi narrativi ormai bolsi e privi di quella profondità e apparente disvelamento delle coscienze degli spettatori appannate dalla confusione in cui viviamo, che questo tipo di cinema solo superficialmente sembra ridestare, per poi lasciarle giacere nuovamente nell'oblio visivo.

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