A differenza di altri film di spionaggio, questo Breach si allontana da quella tensione drammatica ricca di colpi di scena e toni sopra le righe tipica del genere, per assumere invece una veste volutamente dimessa, in cui il mondo delle spie appare prettamente burocratico e privo di quell'azione adrenalinica sul campo, tanto agognata dall'ambizioso Eric O'Neill (Ryan Philippe).
Storia che predilige il confronto psicologico tra i due protagonisti, soggetti apparentemente distanti, di cui emergono presto evidenti affinità culturali che mettono in crisi l'intento investigativo di O'Neill, in grado di minare il rapporto con la propria moglie, appartenente ad una formazione intellettuale distante dal modello proposto dal bigotto e conservatore Robert Hanssen (Chris Cooper).
Ma il regista Billy Ray è avvezzo a raccontare storie vere basate sulla menzogna e sul potere della stessa a mistificare la realtà circostante, come il suo precedente L'inventore di favole, vicenda vera di un giornalista capace di falsificare le fonti dei propri articoli, riuscendo a guadagnarsi la fiducia e il rispetto di tutti, proprio come il sedicente integerrimo servitore dello stato Hanssen.
Si assiste così ad una storia misurata che non cerca i colpi ad effetto, mantenendo una tensione sottopelle sufficientemente percettibile, ma si ha la sensazione che la vicenda, pur nella sua fondatezza concreta, non riesca ad aggiungere niente di nuovo ed eclatante ad un genere ben noto anche nei suoi sviluppi di doppigiochi e colpi di scena, ma con la capacità di fornire un finale sufficientemente drammatico, attraverso un ultimo significativo incontro tra i due avversari, prima dell'ascesa al patibolo della giustizia umana.
Storia che predilige il confronto psicologico tra i due protagonisti, soggetti apparentemente distanti, di cui emergono presto evidenti affinità culturali che mettono in crisi l'intento investigativo di O'Neill, in grado di minare il rapporto con la propria moglie, appartenente ad una formazione intellettuale distante dal modello proposto dal bigotto e conservatore Robert Hanssen (Chris Cooper).
Ma il regista Billy Ray è avvezzo a raccontare storie vere basate sulla menzogna e sul potere della stessa a mistificare la realtà circostante, come il suo precedente L'inventore di favole, vicenda vera di un giornalista capace di falsificare le fonti dei propri articoli, riuscendo a guadagnarsi la fiducia e il rispetto di tutti, proprio come il sedicente integerrimo servitore dello stato Hanssen.
Si assiste così ad una storia misurata che non cerca i colpi ad effetto, mantenendo una tensione sottopelle sufficientemente percettibile, ma si ha la sensazione che la vicenda, pur nella sua fondatezza concreta, non riesca ad aggiungere niente di nuovo ed eclatante ad un genere ben noto anche nei suoi sviluppi di doppigiochi e colpi di scena, ma con la capacità di fornire un finale sufficientemente drammatico, attraverso un ultimo significativo incontro tra i due avversari, prima dell'ascesa al patibolo della giustizia umana.
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