
Come enuncia il titolo stesso, lo spettatore assiste ad una serie di istantanee su di un paese in evoluzione, dove la natura morta impressa dalle immagini è quella delle costruzioni in via di demolizione e degli apparati industriali, quali residui archeologici che ingrigiscono la realtà circostante e pure l'animo dei suoi abitanti, figure schiacciate e rassegnate al progresso che nasce dal passato ideologico Maoista, dove le luci del ponte in acciaio che sovrasta la valle sfocano l'immagine paesaggistica, quasi ad annebbiare la nostra percezione di una realtà in mutamento costante ed indefesso e di cui ne stiamo perdendo i contorni.
Ed è attraverso il pedinamento lento e discreto di due storie di esistenze separate dal tempo e dallo spazio e delle scoperte che questo viaggio comporterà, che veniamo a contatto con la Cina contemporanea, già a suo modo descrittaci con un certo fascino ed intelligenza di sguardo da Gianni Amelio nel suo La stella che non c'è.
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