30/07/07

Ultimo domicilio conosciuto

Lino Ventura è uno di quegli attori che col passare del tempo come il vino di qualità, invecchiando migliora e le sue rughe, la sua mestizia espressiva, il suo portamento dimesso sono il passaporto artistico e recitativo con cui presentarsi in film come questo amaro affresco di una giustizia disumana e indifferente alla speranza e alla buona volontà delle persone, che confidano invano in un sistema sordo e cieco al momento del bisogno.
Ventura incarna il classico poliziotto rude ma efficace, egli stesso principale vittima del potere meschino e vigliacco che non pare rinunciare a lottare per una giustizia in cui forse crede ancora, anche se apparentemente quotidiana e marginale, come nella sequenza in cui risolve il caso dei volatili rubati ad un ragazzino del quartiere; ma è questo suo barlume di vitalità ad affascinare l'idealista collega Jeanne Dumas (Marlene Jobert) che lo affiancherà nella ricerca di un testimone chiave in un processo contro un pericoloso criminale.
Giovanni solitamente in veste di sceneggiatore, questa volta in qualità di regista ci regala un'opera degna della sua visione disincantata e assai dolente della giustizia e del sistema che la governa, costruendo un film che non solo sa essere teso nella descrizione della duplice ricerca dell'ignaro teste, messa in atto dalla coppia di poliziotti e dai suoi potenziali assassini, ma costruisce un mondo di intimità e solitudini in cerca di conforto e speranza, sino alla loro frustrazione e al rammarico che ne deriva, come dimostra la passeggiata solitaria dello sconfitto Marceau, cui la stessa "divisa" comincia a sdrucirsi quale segno del logorio interiore della sua anima ormai stanca e affaticata.

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