03/09/07

Gli amori di Astrea e Celadon

Rohmer ancora una volta riesce a declinare le vicende dell'amore nei suoi vari accenti, scegliendo un contesto lontano dalla realtà e che in sé è oltremodo artefatto, come ci illustra la didascalia iniziale, poiché nel suo adattamento di un'opera letteraria del XVII secolo, egli veste i suoi protagonisti di un'ideale Arcadia, secondo il gusto dell'epoca dell'autore Honoré d'Urfé, inserendovi inevitabili elementi anacronistici di ambito pittorico e scultoreo, restituendoci così un esempio di commistione riuscita tra cinema e teatro.
Non semplice teatro filmato in grado di sminuire lo stile narrativo rigoroso e accurato del regista, ma cinema dell'essenziale in cui i suoni e i rumori della natura ne costituiscono la colonna sonora portante, all'interno di una vicenda che farà ridere o sorridere gli spettatori, in quanto lontana dai gusti stilistici cui oggi siamo avvezzi, ma sarebbe un torto sminuire il coraggioso tentativo di Rohmer, che ancora una volta si pone ai margini di un'estetica moderna per propria scelta, non snobistica, ma si ritiene per modestia e necessità di rivolgere altrove la propria attenzione, senza per questo denunciarlo di passatismo.
E' una decisione dettata dal tempo e dall'età, da una presa di coscienza umana e artistica di non poter più concepire e proporre un cinema dialogico in grado di ragionare sull'amore, se non rifugiandosi nella pura finzione e concedere a chi ne ha voglia una fuga verso un mondo che non esiste e di cui possiamo sorridere, magari volgendo uno sguardo meno assorto al nostro.

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