Film dove l'esotismo e il mistero d'oriente sono alla base di una storia inevitabilmente torbida, in cui una giovane bellissima donna si lascia progressivamente corrompere e trascinare tra le spire del gioco d'azzardo, del sesso e della dipendenza, a seguito di un piano di vendetta che affonda le sue radici nel passato, ma che non potrà non avere conseguenze inaspettate per la sua ideatrice.
Shanghai non si vede quasi mai, perché perfettamente racchiusa all'interno della casa da gioco con la sua struttura verticale, sorta di cavea teatrale in cui si svolgono le vicende di giocatori d'azzardo pronti a tutto e decisi a rovinarsi, svendendo ogni oggetto personale pur di ottenere una vittoria al tavolo verde e saldare il proprio debito con la spietata e ammaliante Mother Gin Sling (Ona Munson).
Intorno a lei ruotano figure di dubbia moralità e facoltosi uomini d'affari con qualche segreto da celare, sino all'ironico millantatore nonché sedicente poeta Doctor Omar (Victore Mature), figura cardine la cui uscita a latere prima del tragico finale, ha una connotazione prettamente teatrale, quale maschera che terminato il suo ruolo di fingitore, non ha altro compito che congedarsi dal suo pubblico e lasciare al loro tragico destino le protagoniste di una vicenda maliziosamente malsana, dove l'atmosfera e gli ambienti, nonché la fotografia costituiscono tutti elementi fondamentali per sostenere un film amaro e nient'affatto consolatorio.
Shanghai non si vede quasi mai, perché perfettamente racchiusa all'interno della casa da gioco con la sua struttura verticale, sorta di cavea teatrale in cui si svolgono le vicende di giocatori d'azzardo pronti a tutto e decisi a rovinarsi, svendendo ogni oggetto personale pur di ottenere una vittoria al tavolo verde e saldare il proprio debito con la spietata e ammaliante Mother Gin Sling (Ona Munson).
Intorno a lei ruotano figure di dubbia moralità e facoltosi uomini d'affari con qualche segreto da celare, sino all'ironico millantatore nonché sedicente poeta Doctor Omar (Victore Mature), figura cardine la cui uscita a latere prima del tragico finale, ha una connotazione prettamente teatrale, quale maschera che terminato il suo ruolo di fingitore, non ha altro compito che congedarsi dal suo pubblico e lasciare al loro tragico destino le protagoniste di una vicenda maliziosamente malsana, dove l'atmosfera e gli ambienti, nonché la fotografia costituiscono tutti elementi fondamentali per sostenere un film amaro e nient'affatto consolatorio.
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