Il nordest come insegna Massimo Carlotto, del quale fa capolino di sfuggita un suo romanzo, è terra di misteri e delitti spesso gratuiti, passionali, torbidi, come è d'uso aspettarsi dalla provincia più profonda e chiusa in se stessa, ma il film di Mazzacurati pare funzionare meglio nella prima lunga parte, dove si sofferma nella descrizione di quella realtà brumosa, sospesa nel tempo, in cui il presente si fa sentire con chiari riferimenti alla nostra società e al nostro tempo.
E' proprio la venuta della nuova maestra a suscitare le pulsioni represse ed inespresse di molti suoi abitanti, tra cui il diciottenne Giovanni (Giovanni Capovilla), aspirante giornalista che spia silenziosamente la vita affettiva della giovane ragazza, quale testimone silenzioso di una passione che la vedrà coinvolta, superando barriere culturali e pregiudizi sottopelle, nascosti dall'ipocrisia della tolleranza.
Ed è quest'aspetto in cui si inserisce l'impianto giallo, visibilmente pretestuoso e tirato via che Mazzacurati tenta di parlare di integrazione culturale e razziale e delle difficoltà del nostro tempo nei confronti della cultura "altra".
Il regista dimostra di saper gestire meglio la materia nel momento in cui tratteggia una realtà a lui ben nota, con i suoi protagonisti più o meno bislacchi e a tratti bozzettistici che la presenza di Mara (Valentina Lodovini) pare risaltare e ricondurre ad un contesto di realismo. E' nel raccontare la provincia e i turbamenti del cuore suscitati dalla giovane maestra che Mazzacurati ci restituisce un racconto sincero ed affascinante nella sua semplicità, grazie ad una fotografia curata, in grado di risaltare la luce ed i colori freddi di un nord est bisognoso di calore umano, inadeguato a conservarlo, seppellendolo sotto i rancori e i pregiudizi di un tempo presente saturo di sfiducia, che nello sguardo finale del protagonista pare trovare quella giusta distanza non solo dall'evento cronachistico, ma anche dalle aspirazioni sentimentali che lo sosterranno nella sua recisione del cordone ombelicale da un universo locale richiuso in sé stesso.
E' proprio la venuta della nuova maestra a suscitare le pulsioni represse ed inespresse di molti suoi abitanti, tra cui il diciottenne Giovanni (Giovanni Capovilla), aspirante giornalista che spia silenziosamente la vita affettiva della giovane ragazza, quale testimone silenzioso di una passione che la vedrà coinvolta, superando barriere culturali e pregiudizi sottopelle, nascosti dall'ipocrisia della tolleranza.
Ed è quest'aspetto in cui si inserisce l'impianto giallo, visibilmente pretestuoso e tirato via che Mazzacurati tenta di parlare di integrazione culturale e razziale e delle difficoltà del nostro tempo nei confronti della cultura "altra".
Il regista dimostra di saper gestire meglio la materia nel momento in cui tratteggia una realtà a lui ben nota, con i suoi protagonisti più o meno bislacchi e a tratti bozzettistici che la presenza di Mara (Valentina Lodovini) pare risaltare e ricondurre ad un contesto di realismo. E' nel raccontare la provincia e i turbamenti del cuore suscitati dalla giovane maestra che Mazzacurati ci restituisce un racconto sincero ed affascinante nella sua semplicità, grazie ad una fotografia curata, in grado di risaltare la luce ed i colori freddi di un nord est bisognoso di calore umano, inadeguato a conservarlo, seppellendolo sotto i rancori e i pregiudizi di un tempo presente saturo di sfiducia, che nello sguardo finale del protagonista pare trovare quella giusta distanza non solo dall'evento cronachistico, ma anche dalle aspirazioni sentimentali che lo sosterranno nella sua recisione del cordone ombelicale da un universo locale richiuso in sé stesso.
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