"Come vuole l’ombra staccarsi dal corpo
Come vuole la carne separarsi dall’anima
Così adesso io voglio essere scordata"
(Anna Achmatova, “A Molti”, 1922)
Marina Spada riesce a condensare per immagini e grazie alla fotografia di Gabriele Basilico lo straniamento e la solitudine percepibili in un'estate metropolitana attraverso la geografia desolante di una Milano inusuale, periferica, asfittica come l'esistenza chiusa e ombrosa della protagonista, di cui conosciamo i gesti semplici, quotidiani che ne cadenzano la vita e che ci trasmettono una malinconia ed un malessere sottili, che pare smuoversi solo nel momento in cui viene a contatto con Olga (Karolina Dafne Porcari) ed in particolare con la sua misteriosa sparizione. E' come se quest'evento riuscisse a dare un senso ad una quotidianità vissuta meccanicamente, senza intensità o passione, lasciando che ogni giorno trascorra uguale all'altro senza un moto di cambiamento e dove anche un incontro d'amore appartiene ad un'opaca routine ed una potenziale vera passione, nasconde verità inconfessabili.
Emblematica la figura di Boris (Paolo Pierobon), uomo che dissimula e svicola ogni verità come l'ambiente circostante che con la sua indifferenza, omertà e cinismo tende a seppellire tutto sotto una coltre di silenzio e allora come un'ombra che vive grazie alla luce che la proietta e che dipende dal corpo cui appartiene, Claudia (Anita Kravos) desidera pure lei come i versi della Achmatova staccarsi da quel corpo, il suo corpo, forse per trovare un senso ad un'esistenza che non pare riuscire a comprendere o raggiungere, intrappolata tra gli immensi spazi vuoti della periferia in cui pare essere rimasta imprigionata.
Come vuole la carne separarsi dall’anima
Così adesso io voglio essere scordata"
(Anna Achmatova, “A Molti”, 1922)
Marina Spada riesce a condensare per immagini e grazie alla fotografia di Gabriele Basilico lo straniamento e la solitudine percepibili in un'estate metropolitana attraverso la geografia desolante di una Milano inusuale, periferica, asfittica come l'esistenza chiusa e ombrosa della protagonista, di cui conosciamo i gesti semplici, quotidiani che ne cadenzano la vita e che ci trasmettono una malinconia ed un malessere sottili, che pare smuoversi solo nel momento in cui viene a contatto con Olga (Karolina Dafne Porcari) ed in particolare con la sua misteriosa sparizione. E' come se quest'evento riuscisse a dare un senso ad una quotidianità vissuta meccanicamente, senza intensità o passione, lasciando che ogni giorno trascorra uguale all'altro senza un moto di cambiamento e dove anche un incontro d'amore appartiene ad un'opaca routine ed una potenziale vera passione, nasconde verità inconfessabili.
Emblematica la figura di Boris (Paolo Pierobon), uomo che dissimula e svicola ogni verità come l'ambiente circostante che con la sua indifferenza, omertà e cinismo tende a seppellire tutto sotto una coltre di silenzio e allora come un'ombra che vive grazie alla luce che la proietta e che dipende dal corpo cui appartiene, Claudia (Anita Kravos) desidera pure lei come i versi della Achmatova staccarsi da quel corpo, il suo corpo, forse per trovare un senso ad un'esistenza che non pare riuscire a comprendere o raggiungere, intrappolata tra gli immensi spazi vuoti della periferia in cui pare essere rimasta imprigionata.
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