17/05/08

La ragazza del lago

Inizia in maniera silente, quasi dimessa dove s'insinua subito l'idea di un rapimento, di un mistero in agguato, il primo film di Andrea Molaioli, il tutto immerso in un contesto pesaggistico e narrativo che richiama in parte il romanzo La promessa di Dürrenmatt, anche se questo film ha una sua precisa fonte letteraria d'origine in Lo sguardo di uno sconosciuto di Karin Fossum, e un retaggio culturale quasi fiabesco come denotano certe figure del racconto che appartengono ad un passato ed una tradizione insita nei luoghi in cui si svolge la storia.
Molaioli ci depista, ci confonde le idee e c'insinua dubbi e domande e ci convince di avere già una risposta, ma sono falsi indizi atti a sviare le impressioni scaturibili da ciò che si vede e c'invita ad andare più a fondo come la sua stessa m.d.p. dimostra, circuendo i suoi protagonisti per distillarcene gli aspetti esistenziali ed umani sino alla risoluzione del caso da parte di un sempre straordinario Toni Servillo, che si aggira nelle pieghe delle morbosità e dei segreti delle persone con eleganza e malinconia, in una storia in cui il filo conduttore è la malattia, la degenerazione mentale, mentre per il protagonista è rappresentata da una dermatite anomala che lo infastidisce, forse la manifestazione esteriore del proprio fastidio per un dolore interiore più profondo che lo coinvolge come marito e come padre, ma non gli impedisce di andare a fondo e di capire il perché di una morte così misteriosa ed ingiustificata.
Molaioli ci racconta a suo modo esistenze comuni, legate dal dolore degli affetti lesi e dall'incapacità ad accettare la malattia e la sua irreversibilità fino al desiderio estremo di annullamento di colui che si ama e si è amato, e per il commissario è in fondo un percorso di crescita e di presa di coscienza del dolore e della possibilità di sopravvivere ad esso.

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