18/06/08

Il resto della notte

Meno riuscito e forse più scontato nella sua linea narrativa, il secondo film di Munzi concentra il proprio sguardo su un tema che sente molto nelle proprie corde: l'immigrazione. Ed è ancora una volta quella dell'est europeo ad essere protagonista del suo cinema, ma questa volta inserendola nel tessuto urbano di una città apparentemente distante come Torino, spesso riconoscibile in alcuni suoi aspetti architettonici e paesaggistici, mentre in altri diviene un qualsiasi altrove periferico, in cui si aggirano stancamente i protagonisti più sofferenti, mentre quelli più agiati vivono il distacco della loro condizione, rappresentata dalla collocazione geografica sulla collina torinese, rinomata per le proprie ville, in cui s'insinua il solito scontato malessere borghese. E scontato appare anche il discorso e lo sguardo antropologico nei confronti dei migranti e di coloro che per la loro condizione di estranei sociali si ritrovano a vivere ai margini dell'hinterland cittadino.
Più interessante il discorso ripreso da Munzi sulla figura paterna, della propria incapacità di sostenere il proprio ruolo e di vedersi sostituire da altre figure non altrettanto intense e mature, tanto da essere accomunate da un unico tragico destino, che Munzi pare voler sovvertire, lasciando alle generazioni future il compito di rendere migliori le proprie esistenze, grazie al sostegno di figure materne più solide e stabili, come dimostra il finale aperto su un potenziale viaggio verso un altrove, chiamato banalmente futuro o vita.

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