10/06/08

In nome del popolo italiano

Risi in questo film propone un'ulteriore spaccato del nostro paese dal sapore amarissimo e forse per certi versi discutibile e didascalico in certi suoi aspetti più esteriori come il crollo fisico del Palazzo di Giustizia di Roma, ma al di là di questi apparenti difetti, rappresenta un'opera lungimirante anch'essa del malessere e del malcostume sociale, nonché di certi vezzi contemporanei del potere e di chi lo possiede.
Film che vede due attori di razza come Gassmann e Tognazzi affrontarsi dopo aver lavorato insieme ne I mostri e contrapporsi moralmente ed idealmente l'uno contro l'altro in un confronto prima di tutto dialettico, in cui traspare la sclerotizzazione del linguaggio contemporaneo, in cui l'impiego di termini come "desemplicizzato" e "aderenziale" rappresentano meri abbellimenti volti ad aggiornare il latinorum di manzoniana memoria e ad anticipare quell'incapacità odierna di esprimersi in maniera piana e semplice come dimostra il Giudice Bonifazi (Ugo Tognazzi), che sostiuisce al termine artefatto "desemplicizzato" quello consueto di "complicato", di fronte al quale l'imprenditore cinico e sbruffone Santenocito (Vittorio Gassmann) rimane stupito ed incapace di riconoscerne il senso semantico, perché ingarbugliato negli schemi linguistici e mentali dell'imprenditoria e del potere, inadeguato ormai nell'impiegare una forma di espressione linguistica intellegibile a tutti.
Bonifazi rappresenta un individuo integerrimo e disilluso dal significato altisonante della formula "In nome del popolo italiano" pronunciata all'inizio di ogni lettura di sentenza, ma nonostante ciò continua a svolgere il proprio lavoro seppur nel suo quotidiano si ritrovi a fare i conti con l'incancrenimento costante di una società contaminata dall'arrivismo economico, come dimostrano le opere dell'imprenditore corruttore e cialtrone Santenocito, che non si ferma di fronte a nulla ed è disposto a sacrificare i propri affetti, pur di salvarsi da un'accusa di omicidio di una giovane prostituta di alto bordo.
Sarà questo presunto delitto a porre il Giudice Bonifazi di fronte al suo nemico Santenocito, quale incarnazione dell'involgarimento della società, come dimostra l'emblematica sequenza finale in cui avendo in mano le prove per scarcerarlo dall'accusa di omicidio, dopo i vari tentativi truffaldini dello stesso di scagionarsi, vedrà nella folla urlante per la vittoria calcistica dell'Italia sull'Inghilterra, varie trasfigurazioni della natura proteiforme e becera del cinico imprenditore e deciderà di eliminare le prove a suo favore, compiendo un gesto moralmente ambiguo e discutibile secondo i principi di legge, ma che da un punto di vista umano costituisce una scelta ben precisa di condanna nei confronti di un sistema ormai radicato, che se ne Il sorpasso faceva sorridere amaramente, in questo film ha ormai raggiunto toni di cupezza tali che il gesto di Bonifazi appare come una soluzione necessaria per riequilibrare le ingiustizie e i torti di un malcostume imperante.

Nessun commento: