
Le tre scimmie sono i protagonisti, chiusi nelle loro reticenze, nella loro omertà trattenuta di dolore ed incapacità a reagire, anche se una di loro saprà risolvere a suo modo una situazione ormai corrotta nel profondo e che vedrà il padre di famiglia adottare proprio quella stessa scelta cui si era sottoposto su richiesta del suo datore di lavoro, uomo portatore di un potere fasullo e micragnoso, per evitare la giusta punizione legale. E' come se la tracotanza dell'inetto uomo d'affari si rivolti contro se stesso, condannandolo alla pena più grave di tutte, seppur lasciando inevitabili strascichi umani ed affettivi in chi gli sopravvive, costretto a fare i conti con un presente umanamente desolato, in cui già un dolore antico gravava su alcuni di loro.
Nuri Bilge Ceylan usa con sapienza la m.d.p. e lo dimostra con inquadrature precise e misurate come ad esempio quando si muove negli spazi chiusi dell'appartamento riuscendo a ricreare un fraseggio di emozioni sospese e di dolore ben calibrati, in cui l'aprirsi e chiudersi delle porte introduce e/0 esclude lo sguardo dello spettatore, lasciando alle ellissi temporali il compito di creare raccordi narrativi da cui traspaiono le ansie e i dubbi dei protagonisti feriti nel profondo.
Un autore che sarà interessante osservare in futuro, cercando di recuperare anche il suo precedente Uzak, paragonato per la sua disamina lenta ed accurata dei sentimenti e del suo disfacimento ad Antonioni, e che già una volta l'aveva visto tra i vincitori del festival di Cannes.
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