I silenzi, le attese, i campi lunghi e quelli stretti degli ambienti chiusi, le luci contrastate e l'impiego della correzione digitale del colore non sono puri elementi formali fini a se stessi, ma il linguaggio scelto da un regista che ancora una volta riesce a suscitare attenzione ed interesse critico, raccontando una storia familiare come le altre, segnata da un evento non voluto che determina l'inizio di un dramma, di cui il regista sa dosare pazientemente attese e sorprese, sino ad un finale di silenzio, in cui solo la pioggia è presente con il suo scroscio vivace, atta a schiacciare ancor più il protagonista in un paesaggio in cui si staglia minuscolo, oppresso tra il mare e la ferrovia, sul terrazzo di una casa angusta e precaria come l'esistenza.
Le tre scimmie sono i protagonisti, chiusi nelle loro reticenze, nella loro omertà trattenuta di dolore ed incapacità a reagire, anche se una di loro saprà risolvere a suo modo una situazione ormai corrotta nel profondo e che vedrà il padre di famiglia adottare proprio quella stessa scelta cui si era sottoposto su richiesta del suo datore di lavoro, uomo portatore di un potere fasullo e micragnoso, per evitare la giusta punizione legale. E' come se la tracotanza dell'inetto uomo d'affari si rivolti contro se stesso, condannandolo alla pena più grave di tutte, seppur lasciando inevitabili strascichi umani ed affettivi in chi gli sopravvive, costretto a fare i conti con un presente umanamente desolato, in cui già un dolore antico gravava su alcuni di loro.
Nuri Bilge Ceylan usa con sapienza la m.d.p. e lo dimostra con inquadrature precise e misurate come ad esempio quando si muove negli spazi chiusi dell'appartamento riuscendo a ricreare un fraseggio di emozioni sospese e di dolore ben calibrati, in cui l'aprirsi e chiudersi delle porte introduce e/0 esclude lo sguardo dello spettatore, lasciando alle ellissi temporali il compito di creare raccordi narrativi da cui traspaiono le ansie e i dubbi dei protagonisti feriti nel profondo.
Un autore che sarà interessante osservare in futuro, cercando di recuperare anche il suo precedente Uzak, paragonato per la sua disamina lenta ed accurata dei sentimenti e del suo disfacimento ad Antonioni, e che già una volta l'aveva visto tra i vincitori del festival di Cannes.
Le tre scimmie sono i protagonisti, chiusi nelle loro reticenze, nella loro omertà trattenuta di dolore ed incapacità a reagire, anche se una di loro saprà risolvere a suo modo una situazione ormai corrotta nel profondo e che vedrà il padre di famiglia adottare proprio quella stessa scelta cui si era sottoposto su richiesta del suo datore di lavoro, uomo portatore di un potere fasullo e micragnoso, per evitare la giusta punizione legale. E' come se la tracotanza dell'inetto uomo d'affari si rivolti contro se stesso, condannandolo alla pena più grave di tutte, seppur lasciando inevitabili strascichi umani ed affettivi in chi gli sopravvive, costretto a fare i conti con un presente umanamente desolato, in cui già un dolore antico gravava su alcuni di loro.
Nuri Bilge Ceylan usa con sapienza la m.d.p. e lo dimostra con inquadrature precise e misurate come ad esempio quando si muove negli spazi chiusi dell'appartamento riuscendo a ricreare un fraseggio di emozioni sospese e di dolore ben calibrati, in cui l'aprirsi e chiudersi delle porte introduce e/0 esclude lo sguardo dello spettatore, lasciando alle ellissi temporali il compito di creare raccordi narrativi da cui traspaiono le ansie e i dubbi dei protagonisti feriti nel profondo.
Un autore che sarà interessante osservare in futuro, cercando di recuperare anche il suo precedente Uzak, paragonato per la sua disamina lenta ed accurata dei sentimenti e del suo disfacimento ad Antonioni, e che già una volta l'aveva visto tra i vincitori del festival di Cannes.
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