11/10/08

Il matrimonio di Lorna

Il titolo italiano perde in parte l'incisività dell'originale Le silence de Lorna che richiama con maggiore pregnanza il silenzio cosciente e colpevole o forse semplicemente dettato dalla paura e dal senso di responsabilità di Lorna (Arta Dobroshi), a suo modo vittima di un sistema di sfruttamento dei corpi e delle persone, che non poteva sfuggire all'attenzione dei fratelli Dardenne, acuti osservatori della realtà e come tali indagatori distaccati e asettici, spesso paragonati per il loro sguardo cinematografico al rigore bressoniano del maestro francese.
Ancora una volta è la realtà belga ad essere rappresentata, ma potrebbe essere una qualsiasi realtà geografica per il modo in cui rappresentano le loro storie asciugando il racconto da ogni commento musicale e inseguendo i protagonisti, tallonandoli sino allo spasmo per fotografarne l'anima e il turbamento interiore, restituendoci il disagio ed il grigiore delle loro esistenze.
Questa volta però lo sguardo dei Dardenne pare volgere verso una storia dai risvolti ancor più articolati, senza per questo perdersi dietro gli sviluppi narrativi, ma riuscendo a creare una tensione, non limitata solo agli sguardi e ai silenzi, ma anche grazie ad un raccordo preciso tra i vari personaggi del racconto, restituendoci ancora una volta uno sguardo d'insieme di un sistema sociale crudele e dei risvolti negativi che i suoi protagonisti si ritrovano ad affrontare, ormai persi in essi e quasi senza via di fuga alcuna, ma come sempre una fioca speranza è visibile alla fine del tunnel e anche Lorna potrà forse riscattarsi dalle proprie colpe e da quell'amore non protetto a sufficienza. Un film di notevole rigore formale e decisamente intenso, che segna un ulteriore interessante tassello evolutivo nella cinematografia di questi autori belgi pluripremiati.

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