26/12/08

Come Dio comanda

Il connubio Salvatores - Ammaniti prosegue e stavolta con un esito decisamente più riuscito e convincente del precedente Io non ho paura, che si perdeva lungo l'arco del racconto ripiegando su una certa ingenuità e bontà di fondo, che qui invece, grazie al romanzo di partenza riesce a mantenersi distante restituendoci un film sufficientemente forte nei contenuti, nonostante qualche ingenuità nella sceneggiatura.
Salvatores ancora una volta lavora attentamente sulla scelta del paesaggio in cui ambientare la storia, ma stavolta evita di compiacersi con immagini edulcorate e pur avendo a disposizione un ambiente arido e desertico, quale metafora della desolazione di una provincia italiana del nord, evita di calcare la mano e riesce a tratteggiarla con brevi ed efficaci inquadrature, laddove invece sembra accentuare troppo il discorso metaforico attraverso una sequenza dalla forse eccessiva valenza simbolica di cui il personaggio di Quattro Formaggi (Elio Germano) sembra farsi portatore sin dall'inizio.
Decisamente più interessante e riuscito il personaggio del padre nazista interpretato da Filippo Timi, che dimostra ancora una volta di essere uno degli attori italiani più interessanti del momento, capace di trasmettere un'antipatia e anche un senso di vera paternità, tali da renderlo un personaggio vero, in grado di raccogliere su di sé molte delle tensioni narrative che pervadono la storia e che vedono la rappresentazione di un'umanità poco gradevole e per nulla romantica nella propria bruttezza.
Si potrebbe tacciare forse il film di faciloneria o di macchiettismo, ma Salvatores sembra riuscire a tenere un registro adeguato e non così scontato, asciugando il racconto di alcuni personaggi e concentrando il proprio sguardo dinamico sulle tre figure cardine della storia, accentuandone il peso e la rilevanza umana.

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