Ridley Scott è un regista che sa usare la m.d.p. con perizia, riuscendo a costruire sequenze d'azione sufficientemente adrenaliniche, ma è la storia stessa a non essere interessante a non decollare mai, a rimanere sempre poco brillante, nonostante la tematica spionistica e i riferimenti al terrorismo mediorientale.
Peccato perché si avverte un tentativo di definizione dei protagonisti non del tutto scontato, anche se il personaggio di Crowe appare troppo legato alla tecnologia e infastidisce un po' il suo apparente controllo totale della situazione in ogni istante della propria vita, seppur traspaia chiaramente la sua meschinità umana, contrapposta allo stile più dimesso e paziente del capo del controspionaggio Libanese, figura di indubbio carisma e fascino, cosicché la figura di Di Caprio rimane schiacciata sullo sfondo, nonostante le inquietudini che paiono volerlo caratterizzare quale spia sui generis, sorta di cane sciolto, oltre ad un'apertura mentale verso una cultura che l'americano Crowe pare non voler comprendere e quasi sbeffeggiare.
Scontro tra scuole di pensiero e di spionaggio che vedranno un solo vincitore a rischio del nostro eroe, uomo d'azione e di testa, che si divide tra la fedeltà verso il proprio paese e il rispetto del suo referente locale per le operazioni antiterrorismo in medio oriente.
Scott confeziona ormai film che, seppur con attori di calibro e un apparato profilmico di tutto rispetto e qualità, tra cui la stessa sceneggiatura, sembrano privi di uno smalto emotivo in grado di innalzarli a meri prodotti di cassetta e ci dimostrano come il regista abbia esaurito da tempo quella capacità di narrazione che ci aveva fatto scoprire un interessante cineasta capace di manipolare i generi in chiave oscura e febbrile, mentre ora non rimane che un senso di piattezza che non soddisfa del tutto lo spettatore.
Peccato perché si avverte un tentativo di definizione dei protagonisti non del tutto scontato, anche se il personaggio di Crowe appare troppo legato alla tecnologia e infastidisce un po' il suo apparente controllo totale della situazione in ogni istante della propria vita, seppur traspaia chiaramente la sua meschinità umana, contrapposta allo stile più dimesso e paziente del capo del controspionaggio Libanese, figura di indubbio carisma e fascino, cosicché la figura di Di Caprio rimane schiacciata sullo sfondo, nonostante le inquietudini che paiono volerlo caratterizzare quale spia sui generis, sorta di cane sciolto, oltre ad un'apertura mentale verso una cultura che l'americano Crowe pare non voler comprendere e quasi sbeffeggiare.
Scontro tra scuole di pensiero e di spionaggio che vedranno un solo vincitore a rischio del nostro eroe, uomo d'azione e di testa, che si divide tra la fedeltà verso il proprio paese e il rispetto del suo referente locale per le operazioni antiterrorismo in medio oriente.
Scott confeziona ormai film che, seppur con attori di calibro e un apparato profilmico di tutto rispetto e qualità, tra cui la stessa sceneggiatura, sembrano privi di uno smalto emotivo in grado di innalzarli a meri prodotti di cassetta e ci dimostrano come il regista abbia esaurito da tempo quella capacità di narrazione che ci aveva fatto scoprire un interessante cineasta capace di manipolare i generi in chiave oscura e febbrile, mentre ora non rimane che un senso di piattezza che non soddisfa del tutto lo spettatore.
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