22/01/09

Tony Manero

Film rivelazione del Torino Film Festival, molto apprezzato dalla critica, sicuramente grazie all'interpretazione del suo protagonista, un falso perdente che si rivelerà immediatamente uno spietato prevaricatore, violento e amorale, perso nella propria lucida follia di amore ossessivo per La febbre del sabato sera, che ripetutamente rivede al cinema della sua città in un tentativo di emulazione che tenta di sublimare in un presunto spettacolo per una bettola, in cui la sua pseudo famiglia lo segue, accondiscendendone le velleità artistiche, sino al concorso finale televisivo per decretare il vero sosia cileno di Tony Manero.
Un film la cui regia gioca forse con troppa insistenza sul fuori fuoco e sull'attaccamento totale al corpo nervoso del suo protagonista, con un montaggio che utilizza anche l'overlap come sorta di straniamento narrativo, ma a funzionare maggiormente è la scrittura di un racconto ambientato durante la dittatura di Pinochet, figura fantasmatica che pervade con un clima di terrore tutto il film e che s'incarna perfettamente nel corpo e nella decadenza fisica ed etica di Raul (Alfredo Castro), uomo incapace ormai di qualsiasi sentimento e impotente come la sua stessa nazione, che in un finale sospeso ed improvviso lascia presagire ed immaginare tutto il terrore ed orrore di cui sarà capace e che il suo paese ha vissuto, ritrovandosi ancora oggi con fatica a comprenderne le ragioni.

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