10/02/09

Revolutionary Road

Mendes è come se ipotizzasse che la coppia di Titanic fosse sopravvissuta al naufragio e la inserisce nell'America perbenista anni '50 con tutte le sue ipocrisie ed idiosincrasie, per disvelarne il lento ed inesorabile disgregamento, rimanendo assai fedele alle pagine del romanzo di Yates, capolavoro misconosciuto, ma opera ispiratrice di molti romanzieri contemporanei.
Mendes come sempre molto attento nella cura formale delle immagini e della fotografia, riesce stavolta forse ad infondere una parvenza d'anima al suo film, grazie alla Winslet ben calata nella parte, mentre Di Caprio appare facilmente schiavo di smorfie e irritazioni che sono comunque parte integrante del suo personaggio, ma il tutto si dimostra molto di scuola e non traspare vero sentimento.
Leggere il film in chiave di semplice crisi di coppia sarebbe riduttivo e semplicistico, perché Mendes riaggiorna grazie a Yates il discorso intrapreso con American Beauty, film sopravvalutato nel suo ammiccante iperrealismo volto alla decostruzione della famiglia americana contemporanea, per tratteggiare un ritratto ed un'analisi sociologica più approfondita e vera, in cui emergono le paure dell'individuo a vivere realmente e a svincolarsi dal torpore rassicurante del conformismo offertogli dalla società.
Ed è da questa fobia e senso d'inadeguatezza, che scaturisce il dramma e la tragedia di una famiglia, che frantuma e corrode il perfetto sogno americano, costringendo anche chi sta loro intorno a riflettere sulla propria esistenza, rifiutandone la realtà per rifugiarsi nuovamente nella sicurezza degli oggetti e delle proprie abitazioni, sino al silenzio finale autoimposto per non sentire e non capire, quale sia la vita fallace che il sogno ci propina.

Nessun commento: