30/03/09

Hard Candy

Film invisibile nelle sale che Film Tv ha prontamente segnalato nella sua uscita in Dvd e che vede il regista di 30 giorni al buio cimentarsi in un thriller dall'impianto teatrale che rinnova il confronto/scontro psicologico-dialettico tra due persone in un contesto chiuso, già visto e rivisto, ma quello che innova il discorso è l'argomento trattato della pedofilia e come enuncia la locandina stessa è il ribaltamento di prospettiva della favola  di Cappuccetto Rosso, seppur non manchino anche altri riferimenti sottesi al contesto favolistico, come in una sequenza in cui compaiono i tre porcellini disneyani, quasi a dimostrare una volontà programmatica di demitizzazione e immarcescimento delle rassicuranti immagini di zio Walt
Si potrebbe dire che anche questo aspetto non è così nuovo in sé, la vittima che si vendica del carnefice, ma quello che il cinema americano ci propone con intelligente acume è quello scomodo della pedofilia e della ambiguità relazionale tra un adulto e la sua giovane amante.
Sin dalle prime inquadrature si percepisce tutta la morbosità giocata su un candore sporco tra i due protagonisti, fotografati e filmati in campi strettissimi, se si esclude una sequenza sul tetto del Nighthawks (nome che prelude, nella sua pur apparente normalità di luogo d'incontro e di consumo di prelibatezze dolciarie come nella favola di Hansel e Gretel, un elemento di pericolo e di arte venatoria), in cui l'uso del campo lungo acuisce l'atipicità del rapporto che lega i due protagonisti, così a loro agio e disposti a piacersi reciprocamente.
Slade c'introduce attraverso un percorso in auto dalle reminiscenze kinghiane e kubrickiane, ma con un taglio quasi pubblicitario, senza il candore e la serenità insita in uno spot di un'automobile, nella tana del lupo, un ambiente ipercromatico in cui la fotografia apparentemente fredda e virata verso una luce al tungsteno acuisce il disagio sottopelle che la situazione ci propone attraverso immagini così curate.
Presto però la situazione muta registro e la tensione si fa sentire sempre più crescente e l'ambiguità della visione è data dal fuori campo, che acuisce l'orrore ed il terrore della vittima sottoposta alle attenzioni lucidamente scrupolose e folli del suo carnefice. Nulla a che vedere con Hostel e suoi seguiti o similari, poiché il tutto è dato da una tensione calibratissima che colpisce duro e che gioca sull'ambiguità percettiva offerta allo spettatore e dalle volute reticenze sulle profonde motivazioni che muovono i due protagonisti, anche se Slade ci fornisce sufficienti informazioni per comprenderne la psicologia e le ragioni, ma evita di spiegare eccessivamente, rendendo il racconto una sorta di metafora, un modello narrativo e mitologico delle varie sfumature della natura umana e dei suoi abissi di perversione.

1 commento:

vetsera ha detto...

Mi ricordo che il trailer mi aveva colpito per la sua strana morbosità...però ammetto di essere un po' frenata. La tua recensione forse mi servirà per avere meno paura della paura.