Questo film di Jean Epstein, che vede la collaborazione del giovane Luis Bunuel, rappresenta una summa dei racconti di Edgar Allan Poe, artifizio narrativo ripreso successivamente da Corman nel suo ciclo dedicato ai racconti dello scrittore americano, il quale partendo dall'omonimo racconto v'inserisce elementi tratti da altre sue novelle, in primis Il ritratto ovale per citarne uno su tutti, in modo tale da ricostruire atmosfere da incubo e deliri, che ci vengono palesemente proposti attraverso immagini evocative di ambienti e contrasti di luci ed ombre, tipici del cinema espressionista, ma con l'aggiunta di elementi classici della tecnica cinematografica, come la dissolvenza incrociata e la sovrapposizione d'immagini o la stessa slow motion, che consentono allo spettatore d'immergersi in questo incubo visivo che non perde a distanza di anni il suo fascino inquietante ed evocativo, pur trattandosi di un film muto.
Film che ha visto recentemente i redivivi Massimo Volume riproporlo in uno spettacolo itinerante, in cui il gruppo si è concesso la possibilità di musicarlo in diretta, come in fondo accadeva un tempo durante la proiezione di film di questo tipo.
I puristi forse storceranno il naso di fronte a questo tipo di nuovo approccio musicale al cinema del passato, attraverso l'uso di strumentazione contemporanea come chitarre elettriche e basso elettrico, ma innegabile è il fascino del tessuto sonoro riproposto dal gruppo, che in alcuni momenti tocca vertici di oscurità e di piena condivisione con le immagini proiettate sullo schermo da meritarne la fruizione dal vivo.
Quello dei Massimo Volume non è l'unico esempio di questo tipo di operazioni, infatti, si rammentano gli Yo Yo Mundi, quali apripista con Sciopero di Ejzenstejn, e i Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, e infine i Marlene Kuntz. Non resta che aspettare di poterli vedere e sentire all'opera e godere del recupero di questi film del passato riaggiornati con dovuta cura e rispetto, lontano da mere operazioni commerciali.
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