Vincitore dell'Oscar in qualità di miglior film straniero, l'adattamento del romanzo di Grass, seppur fedele nel suo incipit, tanto da far sperare in una felice trasfigurazione per immagini di un'opera allegorica di un certo spessore e per questo di non facile trasposizione, tende poi ad adeguarsi e adagiarsi su aspetti più scontati e maggiormente percepibili per lo spettatore.
Schlondorff omette l'aspetto fondamentale della follia del protagonista che racconta le proprie vicende da un ospedale psichiatrico, depotenziando sin dall'inizio la forza narrativa delle parole del suo protagonista, che all'età di tre anni decide di non crescere più perché disgustato dal mondo degli adulti, quale presagio di un futuro bellico a venire che sconvolgerà il mondo intero.
Diviso tra due padri, seppur consapevole in cuor suo di quale sia quello vero, Oskar, attraverso il battere incessante del suo tamburo di latta ed il suo grido sovrannaturale, incarna il disagio e la protesta di un individuo che inconsciamente percepisce le follie e le assurdità di un mondo che lo vorrebbe partecipe della vita e che suo malgrado lo vedrà coinvolto, sino al momento in cui non deciderà di crescere nuovamente.
Il giovane David Bennet riesce ad incarnare un Oskar fedele all'immaginario ricavabile dal testo di partenza e rappresenta forse l'aspetto figurativo più riuscito di un'opera visivamente accattivante, che non riesce a cogliere pienamente a fondo lo spirito del libro, pur adottando scelte attoriali felici tra cui quella di Charles Aznavour, profugo per antonomasia che ben può riconoscersi nelle vicende del suo personaggio ebreo futura vittima del regime nazista a venire.
Schlondorff omette l'aspetto fondamentale della follia del protagonista che racconta le proprie vicende da un ospedale psichiatrico, depotenziando sin dall'inizio la forza narrativa delle parole del suo protagonista, che all'età di tre anni decide di non crescere più perché disgustato dal mondo degli adulti, quale presagio di un futuro bellico a venire che sconvolgerà il mondo intero.
Diviso tra due padri, seppur consapevole in cuor suo di quale sia quello vero, Oskar, attraverso il battere incessante del suo tamburo di latta ed il suo grido sovrannaturale, incarna il disagio e la protesta di un individuo che inconsciamente percepisce le follie e le assurdità di un mondo che lo vorrebbe partecipe della vita e che suo malgrado lo vedrà coinvolto, sino al momento in cui non deciderà di crescere nuovamente.
Il giovane David Bennet riesce ad incarnare un Oskar fedele all'immaginario ricavabile dal testo di partenza e rappresenta forse l'aspetto figurativo più riuscito di un'opera visivamente accattivante, che non riesce a cogliere pienamente a fondo lo spirito del libro, pur adottando scelte attoriali felici tra cui quella di Charles Aznavour, profugo per antonomasia che ben può riconoscersi nelle vicende del suo personaggio ebreo futura vittima del regime nazista a venire.
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