Dispiace dirlo, a rischio di passare per un insensibile spettatore di fronte alle passioni e ai moti dell'animo proposti dal nostro amato regista, ma stavolta Almodovar non mi ha convinto come nel suo precedente Volver.
Questo succede quando egli gioca la carta della citazione e dell'autoreferenzialità, ma soprattutto quando spinge sul piede del discorso metacinematografico. Terreno periglioso, assai arduo da percorrere, tanto da risultare cerebrale e artefatto e rischiare di sminuire la bellezza di certe scelte stilistiche formali sempre eleganti e appropriate, in cui il rigore geometrico è evidente insieme all'esaltazione cromatica che ne ha sempre contraddistinto il lavoro per immagini.
Eppure si avverte una certa cerebralità che rischia di apparire pretestuosa, fine a se stessa e gli stessi schemi di disvelamenteo, di agnizione e rivelazione di segreti insiti nel passato dei suoi protagonisti, questa volta appaiono particolarmente posticci, non così appropriati come altre volte.
Almodovar ci ha spesso abituato alle narrazioni esplicative dei suoi protagonisti per comprendere ciò che sino a quel momento ci era stato abilmente suggerito, ma stavolta sembra quasi inutile, tanto da appesantire il discorso delle passioni, che solo lui ancora riesce a trasmetterci sul grande schermo.
Quindi per fortuna che c'è Pedro, ma stavolta è necessario dire ciò che non sembra essere al posto giusto nel suo film ed evidenziare un passo falso della sua nuova cifra stilistica come già era era stato fatto da parte della critica per il precedente La mala educacion, in cui il discorso metafilmico era presente e le metafore o meglio le allegorie erano troppo marcate in un cinema che è sempre stato sopra le righe, ma con il giusto brio, tant'è che Tutto su mia madre o Parla con me sembravano aver trovato la giusta dose d'ingredienti, nonostante i rischi presi dallo stesso autore in certe scelte narrative.
Stavolta si ha un senso di ripetizione, di autoriferimento a se stesso che potrebbe rischiare di farci rimpiangere il suo cinema che fu, ma non credo vi sia il rischio di smettere di amare l'autore che è adesso, solo questa volta il nostro grande amore per lui, almeno per me, non ha trovato quel calore provato in precedenza, nonostante la sua Musa Penelope, che ancora una volta lo aiuta ad intessere trame in cui lasciarsi avviluppare, tant'è che si confida ancora una volta nel futuro e come sempre si spera che anche altri registi siano in grado e possano sperare di compiere passi falsi di questo genere nel cinema contemporaneo.
Questo succede quando egli gioca la carta della citazione e dell'autoreferenzialità, ma soprattutto quando spinge sul piede del discorso metacinematografico. Terreno periglioso, assai arduo da percorrere, tanto da risultare cerebrale e artefatto e rischiare di sminuire la bellezza di certe scelte stilistiche formali sempre eleganti e appropriate, in cui il rigore geometrico è evidente insieme all'esaltazione cromatica che ne ha sempre contraddistinto il lavoro per immagini.
Eppure si avverte una certa cerebralità che rischia di apparire pretestuosa, fine a se stessa e gli stessi schemi di disvelamenteo, di agnizione e rivelazione di segreti insiti nel passato dei suoi protagonisti, questa volta appaiono particolarmente posticci, non così appropriati come altre volte.
Almodovar ci ha spesso abituato alle narrazioni esplicative dei suoi protagonisti per comprendere ciò che sino a quel momento ci era stato abilmente suggerito, ma stavolta sembra quasi inutile, tanto da appesantire il discorso delle passioni, che solo lui ancora riesce a trasmetterci sul grande schermo.
Quindi per fortuna che c'è Pedro, ma stavolta è necessario dire ciò che non sembra essere al posto giusto nel suo film ed evidenziare un passo falso della sua nuova cifra stilistica come già era era stato fatto da parte della critica per il precedente La mala educacion, in cui il discorso metafilmico era presente e le metafore o meglio le allegorie erano troppo marcate in un cinema che è sempre stato sopra le righe, ma con il giusto brio, tant'è che Tutto su mia madre o Parla con me sembravano aver trovato la giusta dose d'ingredienti, nonostante i rischi presi dallo stesso autore in certe scelte narrative.
Stavolta si ha un senso di ripetizione, di autoriferimento a se stesso che potrebbe rischiare di farci rimpiangere il suo cinema che fu, ma non credo vi sia il rischio di smettere di amare l'autore che è adesso, solo questa volta il nostro grande amore per lui, almeno per me, non ha trovato quel calore provato in precedenza, nonostante la sua Musa Penelope, che ancora una volta lo aiuta ad intessere trame in cui lasciarsi avviluppare, tant'è che si confida ancora una volta nel futuro e come sempre si spera che anche altri registi siano in grado e possano sperare di compiere passi falsi di questo genere nel cinema contemporaneo.
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