04/11/09

Nel paese delle creature selvagge

Spike Jonze abbandona apparentemente gli intellettualismi dei suoi precedenti lavori per optare per un film solo in parvenza per bambini, ma in realtà per soli adulti per come viene rappresentato il percorso di crescita del suo protagonista Max (Max Records), un bambino evidentemente a disagio e in difficoltà per la separazione dei propri genitori, che vive con rabbia la propria solitudine e disagio, rifugiandosi in luoghi che evocano un ventre materno protettivo e rassicurante attraverso il quale esperire viaggi con la fantasia, che vengono espletati attraverso manufatti di mondi altri cui volgere lo sguardo come il mappamondo regalatogli dal padre.
Max avverte l'incomunicabilità con la parte femminile della propria famiglia, rappresentata da una sorella adolescente che tende ad ignorane le ricerche di attenzione e una madre che lo esclude dalla propria nuova vita sentimentale e che non riesce ad educarlo adeguatamente, incapace di contenerne e comprendere la rabbia e il disagio per i tentativi di sostituzione della propria figura paterna, così inizia la propria fuga verso una terra misteriosa, ignota, popolata da gigantesche figure di pezza, che costituiscono l'allegoria delle sfaccettature del proprio animo e occasione di comprensione del proprio disagio, delle proprie paure di solitudine, tristezza e abbandono.
Film che può allontanare gli adulti dalla sua visione per il tema trattato e che può fuorviare il pubblico infantile di fronte ad una rappresentazione così simbolica dell'animo di un bambino, con toni oscuri e a volte minacciosi che rischierebbero di essere fraintesi dai più.
Spike Jonze si rivolge ad un pubblico fedele al suo cinema, che sappia seguirlo in questo suo percorso intellettivo non semplice, che potrebbe spiazzare e deludere, ma che in fondo aiuta a riflettere e che svolge il suo compito non facile di adattamento di un libro per l'infanzia noto nel mondo anglosassone.

Nessun commento: