Ancora una volta un titolo rivoltato, seppur appaia in controluce all'inizio del film quello originale Tetro, che richiama molto più efficacemente la scelta del proprio destino da parte del protagonista che si assume questa scelta di nascondersi, di celarsi dietro la tenebra dell'oblio, ma inutilmente, perché in agguato c'è il passato pronto a ritornare a bussare materialmente alla propria porta di casa e mettere lo stesso di fronte alle proprie responsabilità.
Coppola costruisce un film evocativo di immagini e allegorie che potrebbero appesantire il racconto, che effettivamente pare dilungarsi e rischiare di caricarsi di significati barocchi, ma bisogna dare merito al regista di tentare di dominare il racconto e potenziali scelte eccessive che rischierebbero di rovinare un esito non deprecabile, seppur si rimanga perplessi di fronte a quest'opera per certi versi involuta.
Ancora una volta una storia familiare con i suoi segreti, incomprensioni, rimossi che la scrittura, l'interpretazione e il teatro stesso faranno riemergere e disvelare in un bianco e nero efficace, per quanto didascalico nel suo confronto a colori con il passato carico di dolore e di sottaciute verità che si percepiscono in parte, sino al disvelamento finale.
Coppola sembra a suo agio con la materia trattata e questo film evidenzia tutta la propria urgenza psicanalitica nel raccontare ed affrontare questioni personali tramutate per immagini che trovano nei suoi interpreti, in particolare in un sempre tenebroso e fascinoso Vincent Gallo, il suo protagonista ideale e rappresentante di un disagio psichico forte, fatto di rimozioni e rancori verso il proprio passato familiare e forse anche verso un mondo, quello del cinema, a cui il regista pare ormai disinteressarsi, almeno per quanto riguarda il giudizio critico e i premi che ne conseguono e che costantemente lotta per poter produrre e realizzare ciò che sente come proprio e necessario bisogno di narrazione.
Aspegttiamo di vedere se Coppola riuscirà a riprendere maggiore sicurezza e fluidità nel raccontare le proprie storie, ritrovando quell'equilibrio che aveva caratterizzato anche altri suoi film minori, ma dall'esito finale più felice.
Coppola costruisce un film evocativo di immagini e allegorie che potrebbero appesantire il racconto, che effettivamente pare dilungarsi e rischiare di caricarsi di significati barocchi, ma bisogna dare merito al regista di tentare di dominare il racconto e potenziali scelte eccessive che rischierebbero di rovinare un esito non deprecabile, seppur si rimanga perplessi di fronte a quest'opera per certi versi involuta.
Ancora una volta una storia familiare con i suoi segreti, incomprensioni, rimossi che la scrittura, l'interpretazione e il teatro stesso faranno riemergere e disvelare in un bianco e nero efficace, per quanto didascalico nel suo confronto a colori con il passato carico di dolore e di sottaciute verità che si percepiscono in parte, sino al disvelamento finale.
Coppola sembra a suo agio con la materia trattata e questo film evidenzia tutta la propria urgenza psicanalitica nel raccontare ed affrontare questioni personali tramutate per immagini che trovano nei suoi interpreti, in particolare in un sempre tenebroso e fascinoso Vincent Gallo, il suo protagonista ideale e rappresentante di un disagio psichico forte, fatto di rimozioni e rancori verso il proprio passato familiare e forse anche verso un mondo, quello del cinema, a cui il regista pare ormai disinteressarsi, almeno per quanto riguarda il giudizio critico e i premi che ne conseguono e che costantemente lotta per poter produrre e realizzare ciò che sente come proprio e necessario bisogno di narrazione.
Aspegttiamo di vedere se Coppola riuscirà a riprendere maggiore sicurezza e fluidità nel raccontare le proprie storie, ritrovando quell'equilibrio che aveva caratterizzato anche altri suoi film minori, ma dall'esito finale più felice.
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