
Coppola costruisce un film evocativo di immagini e allegorie che potrebbero appesantire il racconto, che effettivamente pare dilungarsi e rischiare di caricarsi di significati barocchi, ma bisogna dare merito al regista di tentare di dominare il racconto e potenziali scelte eccessive che rischierebbero di rovinare un esito non deprecabile, seppur si rimanga perplessi di fronte a quest'opera per certi versi involuta.
Ancora una volta una storia familiare con i suoi segreti, incomprensioni, rimossi che la scrittura, l'interpretazione e il teatro stesso faranno riemergere e disvelare in un bianco e nero efficace, per quanto didascalico nel suo confronto a colori con il passato carico di dolore e di sottaciute verità che si percepiscono in parte, sino al disvelamento finale.
Coppola sembra a suo agio con la materia trattata e questo film evidenzia tutta la propria urgenza psicanalitica nel raccontare ed affrontare questioni personali tramutate per immagini che trovano nei suoi interpreti, in particolare in un sempre tenebroso e fascinoso Vincent Gallo, il suo protagonista ideale e rappresentante di un disagio psichico forte, fatto di rimozioni e rancori verso il proprio passato familiare e forse anche verso un mondo, quello del cinema, a cui il regista pare ormai disinteressarsi, almeno per quanto riguarda il giudizio critico e i premi che ne conseguono e che costantemente lotta per poter produrre e realizzare ciò che sente come proprio e necessario bisogno di narrazione.
Aspegttiamo di vedere se Coppola riuscirà a riprendere maggiore sicurezza e fluidità nel raccontare le proprie storie, ritrovando quell'equilibrio che aveva caratterizzato anche altri suoi film minori, ma dall'esito finale più felice.
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