25/01/10

Tra le nuvole

Reitman si pone come l'attuale regista in grado di meglio fotografare l'America nel suo presente critico e contraddittorio, attraverso una commedia che inevitabilmente verrà schiacciata dal presente fantascientifico e filtrato dall'ambientazione aliena di Avatar di Cameron.
In fondo i preliminari degli Oscar già hanno sancito i vincitori o meglio il vincitore, quindi pare difficile che questo film possa ottenere il premio per la sceneggiatura o Clooney per la propria interpretazione, perché bisogna dirlo: chi meglio di lui poteva incarnare uno scapolo impenitente, sicuro della propria completezza di individuo che ama viaggiare leggero, senza fronzoli e perdite di tempo, efficiente nel suo lavoro di "tagliatore di teste" in un'America che ha scoperto dopo l'11 settembre e poi con lo scandalo mutui facili una nuova crisi, che nel progredire del racconto si fa sempre più tangibile, evidente?
Tant'è che sorge il dubbio iniziale che lo stesso protagonista rischierà di farne le spese a causa di un'apparente giovane arrivista in carriera, sintomo di una società in cui tutto, anche il licenziamento è on line, sia lavorativo che affettivo.
Eppure Reitman scardina certe sicurezze dello spettatore, magari per incappare in altre, ma riuscendo a lasciare alla fine un sapore amarognolo in bocca, che dimostra quanto conti la scrittura in questo film, che vive della perenne transizione del nostro affabile impiegato, il quale rifugge la staticità stessa del proprio lavoro, accumulando miglia aeree e carte viaggio o fedeltà quale status symbol della propria condizione e visione del mondo.
Tutto è strisciabile, scorrevole come le sue tessere, i suoi biglietti aerei e il suo trolley agile che allestisce come nemmeno un soldato saprebbe fare con il proprio fucile.
Ryan Bingham (George Clooney) è un uomo che vive di certezze e di leggerezza apparente, ma nel momento in cui dovrà fare i conti con la propria famiglia, rifuggita per noia e per volontà di evasione dai pesi che essa comporta, si ritroverà, anche attraverso l'incontro con una sua complementare al femminile e con l'aspirante collaboratrice in carriera, a rivedere la propria visione, seppur mantenendo quell'incapacità di fondo nel mettere a fuoco le proprie idee ed i propri desideri, rimanendo perennemente sospeso in aria, sopra tutto e tutti, ma con qualche sicurezza in meno.
Una commedia forte della sua intelligenza e della sua scrittura che alla lunga può risultare schematica come le panoramiche aeree, quali texture geografiche, dei luoghi visitati da Ryan, così da non scorrere via con la stessa levità con cui lo stesso si sposta, ma che sa rappresentare una contemporaneità in bilico, dove sempre più spesso si assiste al prevalere di un manicheismo sociale sempre più netto, marcato, con un'inevitabile senso di malinconia e disillusione di fondo per il nostro protagonista.
E allora non ci rimane che augurargli Good Travel and Good Luck.

2 commenti:

seaborg-ium ha detto...

Una commedia sofisticata, 3 bravi attori, lo scontro generazionale, (i ventenni di oggi sono tradizionalisti), dialoghi veloci, qualche battuta azzaccata, malinconia di fondo (non troppa!), un matrimonio in conclusione e una sorpresa in coda.
Che chiedere di più a Hollywood? che almeno conceda l'Oscar a Anna Kendrick e smetta di prendere sul serio sandra Bullock e Clint Eastwood!

Pereira ha detto...

Il nuovo film di Eastwood non l'ho ancora visto e qualche perplessità me la suscita, così a sensazione istintiva, ma per il resto devo dire che come regista lo apprezzo.
Il problema è che Hollywood tende a premiare il cinema più influente e potente sul mercato, sono gli inevitabili meccanismi dei premi istituzionali.
Quindi per quel che mi riguarda credo che avremo un'inevitabile pioggia di premi per Avatar, seppur non tutti giustifcati come quello per miglior film e quello per gli attori, ma spero di essere smentito sulle ipotesi di vittoria così scontate... ;-)