Il film di Lioret potrebbe mettersi a confronto con l'italiano Good Morning Aman per alcune similitudini e differenze nel modo di affrontare il tema dell'immigrazione, per quanto siano storie dissimili, ma con dei presupposti di base che li accomunano, seppur con esiti narrativi e stilistici evidentemente distanti.
In entrambe le storie l'Inghilterra è vista come la meta della speranza, della possibilità di salvezza e crescita come individuo in cerca di un'integrazione, che paesi come l'Italia e la Francia non paiono poter offrire ai loro ospiti mal sopportati.
Due vite a confronto anche qui, ma in questo caso abbiamo due uomini che anelano all'amore, uno della donna da cui si è separato, l'altro dalla donna da cui è stato separato per convolare a nozze concordate come da tradizione culturale.
Simon (Vincent Lindon) è un uomo segnato dalla vita, dal dolore per un affetto negato forse dalla propria inerzia, dalla propria indifferenza, come gli ricorda l'ex moglie Marion (Audrey Dana), cosicché egli stesso lentamente riprende a vivere o meglio a credere in un progetto, in un sogno d'amore e di vita che è quello di Bilal (Firat Ayverdi), giovane curdo che vuole attraversare la manica a nuoto per raggiungere l'amata Mina (Deyra Ayverdi).
Simon comincia, nonostante ritrosie e ripensamenti che non scadono nella scontatezza buonista da fiction televisiva (e per questo lo rendono personaggio umanamente completo e credibile), ad affezionarsi a questo ragazzo così determinato e vede in lui quella speranza di salvezza di un affetto che lui ha perso, cosicché l'anello regalato alla moglie e poi dalla stessa smarrito, diviene il simbolo di questa speranza, di una volontà di passaggio di consegne e di sublimazione del proprio amore negato, per vedere in un'altra vita, in un altro futuro ciò che lui stesso ha perduto.
Bilal diviene così una figura filiale cui aggrapparsi, cui insufflare il proprio desiderio di rinascita e superamento di un lutto, ma Simon imparerà, lottando contro un sistema rigido, inetto, spaventato dall'immigrazione costante, che potrà continuare ad essere un uomo, ad avere una propria identità, anche attraverso il proprio lavoro, le proprie passioni, riconoscendo la necessità di affrontare quell'assenza che finora aveva tentato di negare invano, grazie all'incontro con quel diverso, che come lui ha desideri, soffre e sanguina per rimanere a galla nella vita e avere una propria identità in questo mondo libero.
In entrambe le storie l'Inghilterra è vista come la meta della speranza, della possibilità di salvezza e crescita come individuo in cerca di un'integrazione, che paesi come l'Italia e la Francia non paiono poter offrire ai loro ospiti mal sopportati.
Due vite a confronto anche qui, ma in questo caso abbiamo due uomini che anelano all'amore, uno della donna da cui si è separato, l'altro dalla donna da cui è stato separato per convolare a nozze concordate come da tradizione culturale.
Simon (Vincent Lindon) è un uomo segnato dalla vita, dal dolore per un affetto negato forse dalla propria inerzia, dalla propria indifferenza, come gli ricorda l'ex moglie Marion (Audrey Dana), cosicché egli stesso lentamente riprende a vivere o meglio a credere in un progetto, in un sogno d'amore e di vita che è quello di Bilal (Firat Ayverdi), giovane curdo che vuole attraversare la manica a nuoto per raggiungere l'amata Mina (Deyra Ayverdi).
Simon comincia, nonostante ritrosie e ripensamenti che non scadono nella scontatezza buonista da fiction televisiva (e per questo lo rendono personaggio umanamente completo e credibile), ad affezionarsi a questo ragazzo così determinato e vede in lui quella speranza di salvezza di un affetto che lui ha perso, cosicché l'anello regalato alla moglie e poi dalla stessa smarrito, diviene il simbolo di questa speranza, di una volontà di passaggio di consegne e di sublimazione del proprio amore negato, per vedere in un'altra vita, in un altro futuro ciò che lui stesso ha perduto.
Bilal diviene così una figura filiale cui aggrapparsi, cui insufflare il proprio desiderio di rinascita e superamento di un lutto, ma Simon imparerà, lottando contro un sistema rigido, inetto, spaventato dall'immigrazione costante, che potrà continuare ad essere un uomo, ad avere una propria identità, anche attraverso il proprio lavoro, le proprie passioni, riconoscendo la necessità di affrontare quell'assenza che finora aveva tentato di negare invano, grazie all'incontro con quel diverso, che come lui ha desideri, soffre e sanguina per rimanere a galla nella vita e avere una propria identità in questo mondo libero.
5 commenti:
mi vergogno 1 po' ma devo confessare che mi sono addormentato ben 2 volte durante la visione. ma a mia discolpa posso dire che non è colpa del film ma di 2 settimane di superlavoro, compreso il week-end.
sono assolto dal dio della cinefilia?
ahahahaha... :-D se esiste un dio della cinefilia sicuramente saprà accoglierti nel paradiso degli spettatori coscienti e consapevoli... a volte è forse meglio dormire e sognare piuttosto che rimaner desti e soffrire insieme ai protagonisti della vicenda... ;-)
la cosa strana è che, nonostante i pisoli, non avevo la sensazione di essermi perso niente dal punto di vista della sinossi e della narrazione...
ti dirò che come storia invece l'ho trovata intensa, quasi che la vicenda del ragazzo divenisse funzionale a raccontarci il dramma personale e umano di Simon...
sono d'accordo, infatti quello che volevo dire è che non mi sono svegliato chiedendomi "cazzo, cos'è successo nel frattempo?"
Posta un commento