Il cinema francese o meglio di produzione francese, anche se Besson sembra essere uno che strizza l'occhio con facilità oltreoceano, sa essere truculento al punto giusto quando vuole e questo prodotto non lesina sangue e perversioni sottese, che con il dipanarsi della storia verranno poi a galla chiaramente.
Racconto che gioca sui riferimenti al genere slasher e che nel rivederlo dimostra come anche Tarantino abbia poi strizzato l'occhio al film stesso, insomma una copia di una copia, o meglio rimandi di rimandi in una sorta di mise en abime del cinema d'orrore.
L'elemento sessuale è più esplicitato e meno sotteso di altri contesti ed epigoni e questo è un aspetto più o meno condivisibile della modernità del prodotto, ma alla fine di tutto, nonostante le atmosfere funzionali, i rimandi a figure che affondano direttamente ad elementi da fiaba stile fratelli Grimm o più semplicemente ad archetipi di paura e terrore imprescindibili, la soluzione, per quanto inizialmente sembri funzionare o deludere a seconda dei casi e dei gusti, si scontra, appena terminata la visione, con la stretta logica del senso del racconto, salvo non si voglia ricondurre il tutto ad un'idea, ad un sogno o meglio ad un incubo della protagonista.
Una proiezione della mente che potrebbe dare senso a ciò che cinesteticamente non sarebbe stato possibile, ma il film così ce l'ha mostrato e come insegnano i teorici del medium stesso, l'immagine è ingannevole, il racconto stesso da chi ci viene fornito, deve essere sempre o quasi verificato ed è in fondo il gioco ammiccante dell'autore nel proporci un'idea, una rappresentazione dell'orrore che alla fine rimane impressa nella retina, solo bisogna ripensare bene a come si sia sviluppata dopo aver compreso e dovuto rivisitare il significato di tutte quelle morti di cui è pervaso il racconto e allora se proprio si vuol essere pignoli dubbi ne sorgono e le risposte si inseguono e si contraddicono come il film stesso, lasciando alcune inevitabili perplessità, almeno per il sottoscritto.
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