05/02/11

In un mondo migliore

La regia della Bier sembra progressivamente distaccarsi dallo stile Dogma dei primi tempi, seppur mantenendo un utilizzo della m.d.p. a mano, che denota una padronanza non eccessivamente leziosa e fine a se stessa, ma il film in se stesso trasuda un tentativo di riflessione sulla violenza nel nostro quotidiano, che rischia come i macrotemi della vita di essere trattato non con le dovute accortezze ed appare difficile dire quali possano essere quelle giuste, gli elementi azzeccati che rendono un film non retorico o ingannevole.
Vi sono spunti di crudezza e di verità che ci vengono dati con chiarezza e sincerità dalla vicenda dei figli dei protagonisti, i quali  quest'ultimi sembrano porsi come contraltare idealistico e maturo rispetto all'istintività dell'adolescenza, ma poi la regista pare volerci dimostrare che nulla è così semplice come appare, che non sempre si riesce ad essere fino in fondo coerenti e questo succede proprio in un ambito territoriale in cui l'immaginario di guerra o di povertà trova terreno troppo fertile e scontato per addurre le proprie ragioni o tesi.
Si rimane, pertanto, dubbiosi di fronte ad un film come questo, il cui messaggio di fondo appare ambiguo nella propria morale, se una morale c'è e pare intravedersi in un finale disturbante nei suoi toni facilmente conciliatori.
Il film avrebbe potuto funzionare meglio e diversamente se avesse saputo mantenere la sua drammaticità di fondo incentrata sui ragazzi, vero punto focale realistico e duro nella sua rappresentazione di una gioventù non così accomodante come i propri ciechi insegnanti, ma forse la regista ha voluto dare un segno di speranza ad una realtà che spesso non è così rosea e ci stupiamo che a volte, ancora, possa esserla, ma al cinema è un'altra cosa, lì a volte il pugno allo stomaco, se non fine a se stesso e compiaciuto, quando ben assestato, è sicuramente un risultato visivamente e narrativamente più efficace di tante tesi inespresse o confuse come in questo caso, in cui l'ambiguità questa volta non è nella violenza, ma nel porsi la domanda se sia possibile fare a meno di essa.

1 commento:

Anonimo ha detto...

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