08/07/11

Il ragazzo con la bicicletta

Il nuovo film dei Dardenne sembra porsi come una sorta di prosecuzione del loro precedente nel tempo L'enfant, in cui il giovane padre allora incerto ed indeciso nei confronti del proprio ruolo di genitore, qui ripudia definitivamente quel figlio cresciuto, che tanto vorrebbe ricevere le sue attenzioni, ma invano.
I Dardenne non esitano ad introdurci repentinamente nel dramma e nell'urgenza necessitante affetto del loro giovane protagonista, la cui cinetica non può che rimandare ad altri loro precedenti protagonisti di storie sempre lucide e attente nel fotografare le screpolature di una realtà, che non si finisce mai di conoscere.
Ancora una volta, come nel finale de Il matrimonio di Lorna aggiungono una speranza di vita nuova, questa volta più esplicita, che potrebbe apparire come un tradimento alla loro fedeltà al dramma puro, sinora messo in scena con sapiente maestria, ma non si pensi che il percorso intrapreso dal loro giovane protagonista sia semplice e non privo di sbandate e di cadute. Anzi, sembrerebbe nel finale che il diavolo probabilmente ci possa mettere lo zampino, grazie a quella fedeltà e a quella capacità dei registi belgi di far emergere le meschinità insite nella paura dell'animo umano, che porta a compiere azioni spregevoli, che ribaltano il quadro prospettico dei torti e delle ragioni.
Questa volta però non vi è una punizione della provvidenza o del caso, ma una volontà di appagamento e di svolta ulteriore verso rapporti umani, che per quanto tormentati nel cinema dei Dardenne, questa volta, forse sapranno trovare un loro giusto equilibrio e soddisfazione, per tentare di sperare e pensare che anche un pizzico di serenità e di amore possa essere rinvenuto nel loro cinema, senza per forza dover soffrire troppo e a lungo, rischiando di cadere in una sorta di rete autolesionista e vezzosa, che avrebbe potuto nuocere al loro cinema, rigorosamente etico e necessario ai giorni nostri, che sta forse tentando, sempre di più, di non apparire la maniera di se stesso.

5 commenti:

Manuel L. Boleyn ha detto...

Finale molto intenso e con una grande morale che lascia lo spettatore alquanto tramortito per l'esito della vicenda. E' l'intero film che non mi convinse quando lo vidi...che lo sviluppo della storia servisse proprio a prepararci per lo strepitoso finale?

Pereira ha detto...

Probabilmente è così, anche perché nel cinema dei Dardenne molti critici vi hanno visto una sorta di visione aggiornata della morale bressoniana, che con il passare del tempo, sembra aprirsi a spiragli di ottimismo che nel cinema del suddetto sono completamente venuti meno...

Manuel L. Boleyn ha detto...

Ma più che l'esser venuto meno l'ottimismo, nei suoi film credo che Bresson mostrasse proprio la realtà, cruda com'era. I Dardenne, almeno con questo film, mi sono sembrati alquanto "surreali" (per quanto appropriato il termine sia), per questo ho elogiato il finale che a mio parere salva il film. Devo dire che il primo tempo del film risulta alquanto poco coinvolgente e poco interessante rispetto all'ultima mezz'ora della pellicola. Insomma, mi aspettavo qualcosa di più, ma il finale è davvero impressionante (in senso positivo!).

Pereira ha detto...

Diciamo pure, che Bresson, ottimista non lo è mai stato... ;-)
sicuramente questo loro nuovo film rispetto al precedente mi è parso meno forte dal punto di vista narrativo, ma concordo con te sul fatto che il finale stupisca in positivo, laddove il male sembra, come appunto nel cinema di Bresson, riaffiorare, mostrando le sfaccettature della nostra umanità e poi riescano a sorprenderti con questa virata di speranza, almeno per il nostro protagonista...
aspettiamo di vedere come si evolverà il loro cinema nel futuro prossimo.

J. Doinel ha detto...

Penso che il problema fondamentale di questo film è nella sceneggiatura, la "sottrazione" stilistica non giustifica delle mancanze nello script ma anche delle scelte di inserire personaggi marginali come il breve episodio del bulletto di turno o valenze psicologiche come l'inspiegabile affettività materna della vicina che sicuramente non donano molto spessore all'opera proprio perchè manca materiale per sfuggire al clichè, giustificare certe cose, assegnare un valore simbolico. I critici fanno bene a citare Bresson, perchè è un maestro del minimalismo, il problema è che Bresson il quotidiano sapeva filmarlo e parlarlo bene, la sua opera anche con la potentissima scissione finale, è sempre stata "piena" e "totale" dall'inizio alla fine. Il film dei Dardenne è riuscito a metà. Si, il finale è brillante, ma il punto di vista narrativo come dice Pereira è davvero debole, troppo.
A questo punto preferisco "Lourdes" di Jessica Hausner che con la stessa intima e rassegnata umanità, ha sfoggiato un film enorme, di una maturità registica quasi sconcertante (in senso positivo, visto che è solo il suo secondo lungometraggio). I Dardenne mi hanno deluso un pò, di sicuro al confronto del Matrimonio di Lorna mi è parso un passo indietro, nonostante abbia apprezzato questa "luce" così chiara e umana nel finale.