14/10/11

Carnage

La predisposizione al dramma da camera di Carnage avrebbe potuto restituirci un esempio di teatro filmato e pertanto un'opera incapace di andare oltre uno schematismo ed una programmaticità fin troppo evidenti come parrebbe suggerire il testo di partenza, ma Polanski dimostra di sapere governare mirabilmente la materia a propria disposizione equilibrando e distribuendo con sapienza i ritmi e le cadenze di un confronto che dovrebbe essere conciliante, come la cultura americana ci insegna, ma che col passare del tempo saprà sfoderare gli aspetti più deteriori della nostra società.
Perché, nonostante il film di Polanski non sembri occuparsi del mondo attuale esterno, risulta essere ad ogni modo e proprio per la sua apparente distanza dal reale contemporaneo un'opera invece ancor più presente al proprio tempo, mettendo in luce le sfaccettature della nostra quotidianità, della nostra civiltà, attraverso due modelli familiari, che a loro modo dovrebbero rappresentare fenotipi umani ben definiti, in grado di creare più o meno condivisioni o compartecipazioni da parte degli spettatori.
Gli equilibrismi dialettici e formali, col tempo vengono meno, degenerando e svelando le storture umane e sociali, racchiuse in un piano sequenza in campo lungo che apre e chiude il film e che suona beffardo rispetto ai tentativi di apparente rispetto reciproco di ristabilimento di un equilibrio, che pare non poter essere trovato in una società schiava di forme e idee che sembrano aver preso il sopravvento sulla sostanza.
Se da una parte Polanski firma ancora una volta un'opera critica e salace nei confronti dell'America, dall'altra dimostra uno sguardo che riesce, nonostante la gabbia profilmica in cui si è autorecluso, di riuscire a spaziare ben oltre lo spazio d'azione in cui la m.d.p. si aggira, raccontando della nostra realtà e del nostro tempo in maniera alquanto efficace e più incisiva di un saggio di sociologia.
Inutile ribadire, ma lo faccio lo stesso, la maggiore incisività che il trailer originale fa presagire rispetto a quello italiano visto nelle sale nostrane.

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