15/11/11

Melancholia

Tanto atteso e sospirato, accompagnato da polemiche legate alle dichiarazioni del regista, che mostra di voler provocare, ma non si sa poi con quanta consapevolezza ed intelligenza, si dovrebbe e si deve andare ad analizzare il suo cinema ed il suo film in particolare, indipendentemente dalle sue esplicitazioni verbali, che forse è meglio dimenticare e lasciar annegare come la sua protagonista nella locandina.
Ebbene, ritengo di appartenere alla schiera dei delusi nei confronti di questo film che avrebbe voluto rappresentare per il suo autore un'opera di grande sensibilità e delicatezza immaginativa, rispetto al disturbante Antichrist.
Non appartengo per principio agli estimatori del regista, seppur tra queste pagine si possa ritrovare un mio apprezzamento per una sua opera primigenia, a dimostrazione del fatto che ogni tanto riesco a vincere i miei pregiudizi. Pertanto, mi sono avvicinato a questo suo ultimo lavoro con curiosità ed una certa aspettativa positiva.
Il risultato della visione è quello di un film che, a mio parere, vorrebbe essere suggestivo, emozionante e in parte sembra premetterlo e prometterlo, seppur la sequenza iniziale rievochi un immaginario alla Bill Viola e un cinema che, come quello di Malick, tenta di abbracciare una gamma di sensazioni ed emozioni vaste, volte ad immergere lo spettatore in un'atmosfera di attesa costante, opprimente, quasi di riappacificazione con un mondo che muore, fino ad andare a disturbare un mostro sacro come Tarkovskij, per cui lo si sarebbe potuto già menzionare per l'ultimo film di Malick, ma le differenze si sentono.
Se il regista texano, sembra averne il respiro o almeno una parvenza di aura tale da rendere il suo film davvero emozionante e misterioso, indicibile e tendente verso un assoluto che può anche annoiare, ma che a suo modo colpisce, in Von Trier tutto ciò appare involuto e artefatto, vistosamente artificioso, a partire dall'utilizzo vezzoso della camera a mano, inadeguata per il tipo di narrazione che intende proporre e che avrebbe richiesto un ritmo più cadenzato. Inoltre, proprio quell'insieme di immagini in stile Bill Viola, così iperrealiste e vivide nella retina dello spettatore, sono la dimostrazione di una certa superficialità visiva e anche contenutistica di ciò che Von Trier vorrebbe rappresentare, perché il dubbio rimane su dove voglia andare a parare il nostro autore.
Dopo una prima parte ambientata durante un matrimonio che evoca il miglior film del manifesto Dogma, ovvero Festen, in cui la nostra protagonista manifesta subito un disagio e una disaffezione che avranno conseguenze negative per l'esito dell'evento, si passa ad una seconda parte in cui il malessere della stessa pare accentuarsi in maniera esponenziale, per poi giungere ad una consapevolezza che in altri provoca reazioni e timori, non altrettanto così pacifici, di accettazione di una supremazia della natura sul raziocinio umano.
Verrebbe da ritenere preferibile lo sguardo programmatico manifestato in altre sue opere più apertamente esplicite nel loro messaggio di fondo come Dogville, dove l'artificio per quanto esibito nella sua apparente assenza brechtiana, costituiva, alla luce di questa recente produzione, un'operazione più sincera, ma forse alla fine Von Trier dimostra di essere un abile costruttore di immagini portatrici di un senso estetico accattivante, che col tempo si dimostrano sempre meno elevati e intensi di quanto vorrebbe farci credere o spererebbe di credervi egli stesso.

1 commento:

persogiàdisuo ha detto...

Film visivamente notevole, interpretato benissimo, straniante. Mi dispiace molto essermi perso Drive