04/05/09

Two Lovers

James Gray rischia molto nel rappresentare una storia d'amore con tutte le implicazioni che un simile racconto può comportare, con annesse e connesse ingenuità, andando a toccare una materia così febbrile e di difficile approccio, in cui le dinamiche relazionali e le sue sfumature sono state abbondantemente sviscerate dal cinema del passato.
Gray sceglie infatti un'impostazione classica, per nulla nuova dal punto di vista letterario e cinematografico ma che appare nuova e inaspettata oggigiorno per uno spettatore ormai avvezzo e anestetizzato a simili argomenti, tanto da poter sorridere o sbadigliare di fronte a certe scelte narrative e a ritenere ciò che viene rappresentato sullo schermo decisamente ingenuo e inutile, se non già visto e destinato ad un esito infausto.
Eppure lo stile asciutto e una regia accorta che non tende a sbavare, sottolineano attraverso sguardi e tormenti interiori resi adeguatamente dal corpo feticcio di Phoenix, le ansie e le incertezze di un uomo sofferente, che si divide come nella sua malattia tra due archetipi femminili che si contrappongono attraverso sfumature caratteriali che non le rendono preferibili una rispetto ad un'altra. Entrambe rappresentano possibili scelte esistenziali, che il protagonista sa di poter perseguire al fine di ritrovare un proprio equilibrio interiore che pare all'inizio perso.
Gray non giustifica e non spiega perché si scelga di amare una donna rispetto ad un'altra che potrebbe racchiudere in se tutto il bene e il meglio che si potrebbe ricercare in una relazione, perché i moti dell'animo sono insondabili e ciò che si persegue è spesso una felicità che ci rende capaci di rifuggire soluzioni più semplici e rassicuranti.
Il personaggio di Phoenix è in costante bilico tra la sicurezza prospettatagli dalla propria famiglia e dalla tradizione di cui essa si fa portatrice e il fascino di un futuro fatto di scelte libere e cariche d'incertezza che non scadono nel dramma eccessivo, ma che rimangono sempre raffrenate, in punta di penna si potrebbe dire, come se Gray volesse descrivere ogni scelta, ogni turbamento come consueto e plausibile, senza dover scadere in soluzioni tragicamente possibili, anzi trasformando quella che apparentemente può sembrare un mero ripiego di convenienza in un'accettazione del dolore e del superamento, forse, di esso attraverso una decisione, che per quanto apparentemente forzata potrebbe condurre il protagonista verso una stabilità interiore sinora rifuggita per propria indole ed incertezza, dettata dal peso di una tradizione e di una famiglia comunque discreta nel compartecipare al dolore del proprio figlio.

2 commenti:

seaborgium ha detto...

this was one of the best season I've seen last season.
I love the setting, it's so new york, but in a personal way!
I think it's an istant classic: the broken heart, the Jewish family, the nightclubs, the sea in winter.

Pereira ha detto...

e dire che alcuni non l'hanno apprezzato, trovandolo forse nella sua classicità fuori tempo massimo, ma credo invece che sia stata una fortuna ritrovare una capacità di scrittura e rappresentazione in grado di appassionarmi ancora come in questo caso...