Baciami ancora (con relativo supponente sottotitolo: La storia di tutte le storie d'amore) è il capitolo conclusivo del dittico costituito dal precedente L'ultimo bacio, che aveva rivelato e reso noto al cinema italiano che conta - ma esiste un cinema nostrano che conta oggigiorno? - il regista romano Gabriele Muccino, quale nuovo cantore dei trentenni in crisi, con le loro paure, insicurezze, velleità, seppur vi fossero in nuce tutti i difetti del suo cinema a venire.
Sì perché un aspetto che non sono mai riuscito a digerire del suo stile è questa necessità di elevare i toni delle discussioni tra i suoi protagonisti, come se urlarle anche allo spettatore le possa rendere credibili. Ebbene, questi litigi isterici a livelli di decibel al di sopra della soglia di tolleranza, questi scontri domestici che ci dice essere veri, caro Muccino sono veri solo nel contesto in cui si verificano, ovvero quello domestico, poiché nel momento in cui si tenta di trasporli su pellicola, fotocopiandoli dalla realtà, in quel preciso istante divengono artefatti, parossistici, privati di quell'effetto di straniamento o disturbo che il miglior cinema dei sentimenti e delle loro fratture sa rappresentarci. Questo perché la realtà supera la fantasia e allora il cinema deve riuscire a fare un passo indietro e rendere credibile, verosimile quella, per quanto assurda, situazione ed è possibile grazie ad una grammatica narrativa, filmica e di sceneggiatura in senso stretto che consente di rappresentare ciò che è irrapresentabile, senza enfasi inutili e ripetute che sovraccaricano una storia che gira subito a vuoto, senza continuità.
Stavolta non si ha l'impressione della coralità ma di una serie di quadri messi insieme, come tessere di un puzzle che il regista prende in mano per osservarle e poi riporle nella scatola a suo piacere, cercando di plasmarle secondo un'idea di drammaturgia che purtroppo sfocia nel ridicolo involontario e guardandole potrebbero essere perfette scenette da commedia alla Verdone, ma il problema è che Muccino si prende troppo sul serio e vorrebbe realizzare film drammatici, ma in realtà dovrebbe darsi alla commedia, seppur non aggiungendo nulla di nuovo al discorso, ma magari in maniera più riuscita di un Veronesi.
Il regista vorrebbe dimostrarci che a distanza di anni, nonostante varie problematiche e avversità della nostra vita, tutto possa essere cambiato, rimesso a posto, ma non appare credibile questa fiducia, perché troppo costruita a tavolino e lo smentisce la realtà stessa di cui Muccino vorrebbe farsi cantore, perché non è un caso se Giovanna Mezzogiorno non ha voluto partecipare alla realizzazione su schermo di una presunta riappacificazione di una coppia (Mezzogiorno, Accorsi), che nella realtà non si è più riavvicinata.
Pertanto, quale migliore dimostrazione della fallacia o meglio della presunzione delle tesi del regista, che ci restituisce i suoi protagonisti chiusi in trappole chiamate personaggio, da cui non riescono a fuoriuscire, restituendoci così ruoli ed interpretazioni che ci fanno sperare di rivederli presto in vesti più convincenti, nonostante gli sforzi da loro profusi e in storie che la smettano finalmente di essere così ombelicali ed in questo caso, come direbbero gli inglesi in senso dispregativo, da kitchen sink.
Sì perché un aspetto che non sono mai riuscito a digerire del suo stile è questa necessità di elevare i toni delle discussioni tra i suoi protagonisti, come se urlarle anche allo spettatore le possa rendere credibili. Ebbene, questi litigi isterici a livelli di decibel al di sopra della soglia di tolleranza, questi scontri domestici che ci dice essere veri, caro Muccino sono veri solo nel contesto in cui si verificano, ovvero quello domestico, poiché nel momento in cui si tenta di trasporli su pellicola, fotocopiandoli dalla realtà, in quel preciso istante divengono artefatti, parossistici, privati di quell'effetto di straniamento o disturbo che il miglior cinema dei sentimenti e delle loro fratture sa rappresentarci. Questo perché la realtà supera la fantasia e allora il cinema deve riuscire a fare un passo indietro e rendere credibile, verosimile quella, per quanto assurda, situazione ed è possibile grazie ad una grammatica narrativa, filmica e di sceneggiatura in senso stretto che consente di rappresentare ciò che è irrapresentabile, senza enfasi inutili e ripetute che sovraccaricano una storia che gira subito a vuoto, senza continuità.
Stavolta non si ha l'impressione della coralità ma di una serie di quadri messi insieme, come tessere di un puzzle che il regista prende in mano per osservarle e poi riporle nella scatola a suo piacere, cercando di plasmarle secondo un'idea di drammaturgia che purtroppo sfocia nel ridicolo involontario e guardandole potrebbero essere perfette scenette da commedia alla Verdone, ma il problema è che Muccino si prende troppo sul serio e vorrebbe realizzare film drammatici, ma in realtà dovrebbe darsi alla commedia, seppur non aggiungendo nulla di nuovo al discorso, ma magari in maniera più riuscita di un Veronesi.
Il regista vorrebbe dimostrarci che a distanza di anni, nonostante varie problematiche e avversità della nostra vita, tutto possa essere cambiato, rimesso a posto, ma non appare credibile questa fiducia, perché troppo costruita a tavolino e lo smentisce la realtà stessa di cui Muccino vorrebbe farsi cantore, perché non è un caso se Giovanna Mezzogiorno non ha voluto partecipare alla realizzazione su schermo di una presunta riappacificazione di una coppia (Mezzogiorno, Accorsi), che nella realtà non si è più riavvicinata.
Pertanto, quale migliore dimostrazione della fallacia o meglio della presunzione delle tesi del regista, che ci restituisce i suoi protagonisti chiusi in trappole chiamate personaggio, da cui non riescono a fuoriuscire, restituendoci così ruoli ed interpretazioni che ci fanno sperare di rivederli presto in vesti più convincenti, nonostante gli sforzi da loro profusi e in storie che la smettano finalmente di essere così ombelicali ed in questo caso, come direbbero gli inglesi in senso dispregativo, da kitchen sink.
6 commenti:
spero solo che Muccino possa ritrovare la via giusta per tornare ai vecchi albori di "Come te nessuno mai"; probailmente il futuro lavoro in U.S. potrà dargli l'ispirazione giusta.
Un saluto
l'ultima volta mi pare esserne uscito con le ossa rotte, staremo a vedere, ma in ogni caso dovrebbe decisamente prendere meno sul serio quello che cerca di raccontare... ;-)
A me l'ultimo bacio mise una profonda tristezza, per il quadro patetico delle vite medie italiane e per quel modo serioso e banale di dire le cose... E poi più sentivo dire in giro che era piaciuto, più mi intristivo... Ora che vedo le pubblicità ovunque di Baciami ancora provo un senso di repulsione e sconforto!:(...
Consolati, anche a me non era piaciuto ed ora devo ripescare tra le carte la sua recensione scritta a suo tempo, prima di diventare uno dei tanti blogger. Posso garantirti che questo è peggio... semplicemente brutto tanto da suscitarmi risate per il patetismo della storia...
La Muccino Family è un evidente e lampante caso di braccia sottratte all'agricoltura! A lavurà!
:-D :-D :-D :-D
Posta un commento