28/12/11

Sherlock Holmes - Gioco di ombre

Nulla di oscuro e sovrannaturale in questa nuova e definitiva (?) avventura del detective di Conan Doyle, che del personaggio inventato dallo scrittore ben poco sembra conservare, data la rilettura in chiave postmoderna della figura letteraria, assolutamente dinamica e anarchica, brillantemente geniale e accattivante, tanto da continuare a far storcere il naso ai puristi, perché in questo film il passo si fa ancor più celere e dinamico, il gioco scoperto contro il nemico di sempre il dott. Moriarty, la nemesi storica del nostro beneamato detective.
Persino la figura del dott. Watson non è quella dello stolido assistente incapace di fomulare ipotesi se non tuttalpiù elementari, come spesso ricordatogli dal suo compagno di misteri, ma sono cose risapute dal primo capitolo.
Ritchie non rinuncia a riproporre la formula consolidata dei falsi flashforward delle azioni di attacco e difesa di Holmes, che vengono sfalsate appunto dalla realtà conseguente dell'azione poi messa in atto con varianti impreviste ed imprevedibili, come dimostra lo scontro finale con il suo arcinemico.
Il regista non dovendo raccontare una vicenda in cui il sovrannaturale viene ricondotto ad una spiegazione razionale e positivista, si compiace nel rappresentare i meccanismi inventivi di tecnologie a noi ormai ben note nel loro funzionamento, ma che costituiscono un'estetica quasi nostalgica e furbescamente accattivante di una meccanica vibrante di emozioni, in grado di trasudare azione ed effettistica di tutto rispetto, in cui la slow motion la fa da padrone, ma senza risultare bolsa nello sviluppo dell'azione.
Holmes si ritrova a giocare una difficilissima partita a scacchi che pare vederlo spesso in difficoltà di fronte all'astuzia arguta e geniale del professore, lungimirante nel prevedere le tensioni prossime a venire del primo conflitto mondiale, ma il nostro eroe pare più interessato alla sfida intellettiva, senza per questo rinunciare a manifestare i propri sentimenti e preoccupazioni per il suo amato amico, creando un gioco sottile di amicizia/amore in cui le figure femminili divengono surrogati necessari a risaltare l'operato dei nostri beniamini.
Efficace l'inserimento della figura del fratello di Holmes interpretato dal sempre ironico ed istrionico Stephen Fry, figura quella del fratello oggetto a suo tempo di una divertente parodia di Gene Wilder, che non sembra essere da meno quanto ad intelligenza ed ironia e figura per nulla di secondo piano.
Forse Ritchie nel finale pecca di presunzione nel volerci mostrare ciò che avrebbe potuto semplicemente lasciarci intuire dall'indizio rammostratoci, ma in fondo pare aderire alla sua stessa visione e rivisitazione del personaggio di Holmes, guascone fino alla fine e pronto chissà a proporci in futuro un nuovo accattivante capitolo, salvo il ricadere in una formula che potrebbe rischiare di diventare maniera.

1 commento:

Nico ha detto...

Film che mantiene la struttura del primo, ma secondo me potenziato ed esasperato in alcuni punti, vedi flashforward molto più presenti; combattimenti; travestimenti, etc..
Ho preferito questo al primo cmq per via di un maggior ritmo ed azione...